Alcuni esperimenti, portati avanti da un team di scienziati, possono svelare delle novità sorprendenti, delle quali, prima, non eravamo a conoscenza. La scienza avanza, e con lei anche un progresso che mette al centro degli studi molto sofisticati, i quali hanno bisogno di tempo per venire alla luce. Quando arrivano, però, fanno sì che l’entusiasmo schizzi alle stelle.
E oggi parliamo di qualcosa che si avvicina allo studio delle stelle. O meglio: che fa parte di quegli studi che contemplano i fenomeni fisici e non solo. Come il centro della Terra. Se con i piedi puntati a terra riusciamo a vedere le stelle, ci siamo mai chiesti cosa comporto lo studio del centro del nostro Pianeta?
Un team di fisici, con a capo Sebastien Merkel dell’Università di Lille, in Francia, ha studiato il fenomeno. Si parte dallo studio di una sfera viscosa di nickel e ferro dal raggio di 1.220 chilometri, la quale occupa il nucleo interno del nostro pianeta. In questo punto si stima che la temperatura sia analoga a quella della superficie solare. Un dato, di per sé, già del tutto sorprendente.
Ruota immersa nel nucleo esterno, uno strato fluido di circa 2.300 chilometri di spessore dove la composizione è invece prevalentemente di ferro e solfuro di ferro. Si tratta di un livello che si interpone appunto tra il nucleo solido e il mantello, con un confine che si trova più o meno a 2.900 chilometri al di sotto della superficie terrestre.
A prendere parola è stata subito la fisica Arianna Gleason del National Accelerator Laboratory del dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti. Quest’ultima ha da subito affermato due concetti molto importanti: “Devo ammettere che non abbiamo ricreato le condizioni del nucleo interno, ma abbiamo raggiunto le condizioni del nucleo esterno del Pianeta. E questo è punto notevole”.
Si è partiti dall’analizzare le condizioni normali della Terra, in cui la struttura cristallina del ferro è un reticolo cubico a copro centrato. Passiamo poi agli atomi: disposti in una griglia, all’angolo di ogni cubo e anche al centro. Il reticolo cambia forma proprio quando il ferro viene compresso a pressioni elevatissime. A questo punto si deforma in una struttura a forma esagonale. Questo processo consente a più atomi di impacchettarsi nello stesso volume di spazio.
Detto ciò, il team di fisici poc’anzi citato ha utilizzato due laser per portare a termine l’obiettivo prefissatosi. Il primo, quello ottico, che ha puntato un microscopico campione di ferro, scatenando così, allo stesso tempo, pressione e calore potentissimi. Il campione è stato sottoposto a 187 Gigapascal di pressione. Mentre il lato più complesso dell’esperimento è stato analizzare in tempo reale la struttura atomica del ferro nel corso del processo. Per compiere tutto ciò, come ricorda ScienceAlert, è stato utilizzato uno strumento sofisticato chiamato Linac Coherent Light Source (LCLS). Un altro laser, a raggi X, e a elettroni liberi, che ha effettuato la misurazione in un miliardesimo di secondo.
Il risultato finale è stato sorprendente. Il fero risponde allo stress indotto da queste condizioni con una specie di gemellaggio: il reticolo cristallino si comprime a tal punto che alcuni dei punti dello stesso reticolo vengono condivisi da più cristalli in modo simmetrico. Per il ferro che si trova nel nucleo terrestre esterno questo significa che la disposizione atomica viene spinta in modo che le forme esagonali ruotino di quasi 90 gradi.