Vi siete mai chiesti cosa potrebbe succedere al nostro corpo se morissimo nello spazio? Non vi immaginerete mai cosa accadrebbe.
Quando si è degli astronauti, poter morire nello spazio è un’eventualità che purtroppo va presa in considerazione.
Fortunatamente oggi la tecnologia utilizzata nelle missioni spaziali è decisamente avanzata, e di conseguenza il rischio di morire nello spazio è davvero basso, nonostante gli inconvenienti possano sempre accade.
In passato però non esisteva la tecnologia di cui possiamo usufruire oggi, motivo per cui la probabilità di morire nello spazio era ben più alta.
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Fino ad ora, infatti, nello spazio sono morte 18 persone, avvenute nelle missioni Apollo 1, Challenger e Columbia. Alcuni sono morti a Terra, altri durante il decollo ed altri ancora durante il rientro.
In questi ultimi anni, con il diffondersi del turismo spaziale e l’intenzione di effettuare sempre più missioni nel cosmo, è necessario prendere in considerazione una morta nello spazio. Vediamo allora di prendere coscienza di cosa succederebbe al nostro corpo nello spazio.
Cosa succederebbe se un’astronauta morisse nello spazio? Le ipotesi al vaglio.
Vediamo allora di comprendere cosa potrebbe accadere in caso remoto di una morte nello spazio. Date le fortunatamente scarse morti avvenute fino ad ora, per adesso agenzie spaziali come la NASA o l’ESA non hanno un protocollo da mettere in atto in casi del genere.
Tuttavia, date le imminenti future missioni nello spazio, le agenzie spaziali stanno già mettendo al vaglio diverse ipotesi da attuare nel caso di eventualità del genere.
Nell’ipotesi in cui l’equipaggio si trovi sulla Stazione Spaziale Internazionale, se un’astronauta morisse nel cosmo, l’ipotesi più sensata sarebbe quella di recuperare il suo corpo, così da riportarlo a Terra per un degno funerale.
Se invece l’equipaggio non si trovasse sulla Stazione Spaziale Internazionale, ma fosse su uno shuttle, le dimensioni della navicella non permetterebbero il recupero ed il mantenimento della salma.
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Inoltre, bisognerebbe anche considerare dei rischi di contaminazione per gli altri membri dell’equipaggio. Proprio per questo motivo, in tal caso, la scelta più saggia sarebbe l’immediata cremazione.
L’idea della cremazione è una delle più quotate, tanto che già nel 2015 la NASA con la collaborazione di un’agenzia svedese, aveva ipotizzato di attuare un funerale molto particolare.
L’idea sarebbe quella di ibernare la salma per poi cremarla. Si otterrebbero quindi dei piccoli frammenti ghiacciati che si potrebbero riportare sulla Terra.
Con questo progetto, quindi, si darebbe la possibilità ai parenti di avere la cosa più vicina possibile ad una salma, permettendo così un degno funerale terrestre.
Cosa succede al corpo umano nel momento in cui si rompe la tuta?
Queste sono le ipotesi di una morte nello spazio. Ma cosa accade realmente al corpo nel momento in cui la tuta si rompe?
Nel momento in cui una tuta spaziale si rompe, con anche un solo piccolo foro, l’astronauta ha letteralmente 15 secondi di tempo prima di perdere coscienza.
Non appena il corpo umano viene a contatto con il vuoto, la differenza di pressione fa si che l’essere umano abbia appena 10 secondi vita.
Dopo questo tempo, i gas si espandono, entrando nel nostro corpo e gonfiando tutti gli organi interni, facendoli scoppiare.
Se non si muore perchè i polmoni scoppiano per primi, si muore di arresto cardiaco. Ciò avviene perchè l’aria va a finire anche in vene ed arterie, provocando così un arresto cardiaco.
Ciò è dovuto alla presenza dell’azoto nel nostro corpo, presente con una percentuale al 3%. La sua presenza fa si che ad alte pressioni, l’azoto formi bolle d’aria nel sangue e nei tessuti, portando alla morte.
La pressione ed i gas sono quindi il primo problema da fronteggiare, ma bisogna poi considerare la percentuale di acqua presente nel nostro corpo.
Il nostro corpo, infatti, è fatto al 60% di acqua e la forte pressione esterna rispetto a quella interna provocherebbe danni inimmaginabili.
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L’alta pressione, infatti, porterebbe ad una completa evaporazione dell’acqua presente nel nostro corpo. Se ciò può sembrarvi terribile, il modo di evaporazione sarà ancora peggio.
L’acqua per evaporare cercherà qualsiasi foro di uscita disponibile, come ad esempio, occhi, naso e bocca.
Nonostante questa terribile agonia, la morte non sarebbe comunque immediata. Fortunatamente tutto ciò avverrà già a coscienza persa. Purtroppo però si hanno circa 30 secondi prima che il sangue smette di fluire al cervello.
Ciò significa che per salvare un membro del proprio equipaggio si hanno al massimo 30-40 secondi. Se questo viene recuperato dopo 1 minuto circa, magari ancora vivo, il povero malcapitato sarà comunque condannato ad uno stato vegetativo perenne.