Le aspirazioni belliche del presidente della federazione russa Vladimir Putin sono diventate realtà già dal 23 febbraio 2022. Ma quali saranno le conseguenze del conflitto con la super-potenza perno degli scambi energetici di tutta Europa?
Il tempismo e l’intransigenza dell’ex- militare ed ex membro dell’agenzia per la sicurezza e servizi segreti dell’Unione Sovietica Vladimir Putin, coglie tutti di sorpresa, o forse no. Ad allarmare sono soprattutto le potenziali ripercussioni delle sue mosse sul sistema Europa. Ma vediamo più nel dettaglio i fronti coinvolti, dall’economia alle fonti energetiche.
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Partiamo dall’energia. Non è la prima volta che lo statista russo sfrutta la propria posizione di monarca del gas europeo per favorire le proprie manovre coloritamente imperialiste. La sua strategia nell’ultimo mese è stata quella infatti di un subdolo gioco al rialzo col fronte Europeo sul tema del razionamento energetico.
Razionamento del gas: attriti con la Commissione Europea
Gazprom, colosso del gas russo, avrebbe infatti ignorato la richiesta crescente di rifornimenti avanzata da tutta l’Ue a seguito del periodo pandemico, utilizzando come arma del riscatto il via libera da parte della Germania all’azionamento del maxi gasdotto sottomarino Nor Stream 2.
Quest’operazione è infatti fortemente osteggiata da Usa, Ucraina e alcuni stati membri della Nato per l’incremento dei rapporti di dipendenza che la manovra comporterebbe. Sì, ma non solo. Visti i recenti sviluppi, il monopolio del gas continua a rappresentare per Putin una difesa fondamentale contro le sanzioni avanzate dalla Commissione europea. Ma non è la prima volta che lo statista cerca di oppugnare l’Ucraina.
Già nel 2014, a seguito dell’invasione della Crimea per mano russa, l’Europa aveva chiamato a raccolta i propri membri per analizzare un preciso punto in agenda: ridimensionare il potere geopolitico della Russia caldeggiando una progressiva indipendentizzazione energetica. Ci siamo riusciti? No.
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I dati raccontano di una crescita della quota russa sulle esportazioni di gas in Ue dal 26% del 2010 al 42% del 2021, e nel conteggio sono stati esclusi i rifornimenti di petrolio e gas liquefatto, il gnl. Per l’Europa le massicce percentuali di import da Mosca rappresentano indubitabilmente un elemento di sudditanza a cui dedicare massima attenzione.
Ma veniamo all’Italia. Quali sono i nostri rapporti di dipendenza col Cremlino? Secondo i diagrammi dell’istituito ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) resi disponibili dal Ministero dello sviluppo economico, l’Italia risulta aver importato nel 2020 circa il 28,5% di gas dalla Russia, il 15,1% dall’Algeria, il 6,9% da Quatar e Norvegia, il 4,5% dalla Libia e lo 0,9% dall’Olanda.
Stando ai dati del ministero della transizione ecologica, l’Italia è dipendente dal gas Russo per più della metà dei propri rifornimenti di metano. Quanto a importazione di gas naturale infatti, nel 2020 il 43% del metano del nostro paese partiva dalla Russia.
Un’improvvisa interruzione dello scambio renderebbe necessaria l’adozione di misure d’emergenza. L’Italia contempla come soluzione quella di un incremento dell’importazione da Qatar e Algeria. Per il breve termine la situazione resta tuttavia emergenziale. Le ripercussioni sul versante economico saranno altrettanto allarmanti.
Già in queste ore, successivamente alla proclamazione in mondovisione dalla Casa Bianca delle sanzioni mosse ai danni della Russia, si assiste ad un’impennata dei costi dell’energia. Se l’offensiva militare di Putin assumesse i connotati di una vera e propria “presa” di Kiev, la prima immediata conseguenza sarebbe dettata dall’inflazione che coprirebbe a tappeto il mercato europeo, come già si evince.
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Altra dimensione provata dal nascente conflitto Ucraino-Russo è quella dei fertilizzanti. Eurochem, azienda Russa leader mondiale nella produzione di fertilizzanti millanta di voler inglobare fra le sue attività quelle della Bolearis. Altra azienda leader nella produzione di fertilizzanti, nativa austriaca, è responsabile dei rifornimenti di gran parte degli agricoltori europei.
Eurochem in questo modo diventerebbe la seconda azienda di fertilizzanti, dopo la norvegese Yara, come scrive il Financial Times, sul campo europeo. Ma veniamo al dunque: il costo del gas necessario ai produttori agricoli europei sarà maggiore rispetto al prezzo dello stesso richiesto da Eurochem in Russia. Ciò renderà i prezzi dell’azienda meno concorrenziali e sempre meno conveniente per le imprese europee.
Eurochem ha boccato l’export fino ad aprile, e gli analisti prevedono un calo di almeno del 10% della produzione alimentare europea e, inevitabilmente, un rincaro dei prezzi dei beni. L’obiettivo di Putin è insomma l’annessione delle regioni ucraine non indipendentiste, che rappresentano la maggioranza del territorio geografico della nazione, filoeuropee, alla grande madre Russia.
Attuare un disegno espansionistico con l’ausilio di un obsoleto Risiko dei carrarmati e delle bombe costringe a delle riflessioni severe sugli agiti marcatamente anti diplomatici del presidente russo, soprattutto per le pericolose conseguenze economiche, politiche e sociali a cui espone la nostra civiltà.