La felicità è innanzitutto un sostantivo fra i più problematici al mondo. Indica qualcosa che non si sa bene dove si trovi eppure, è ciò che tutti cercano.
La felicità, o meglio, il suo raggiungimento, è argomento spinoso. Per trattarlo non basterebbe scomodare tutti i filosofi esistenti ed esistiti, eppure, da uno studio condotto dall’università di Harvard, emerge che è possibile parlare di felicità e che anzi, lo si può fare in cinque semplici punti.
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Tal Ben-Shahar, insegnante e scrittore di psicologia positiva e leadership, ha ideato e tenuto, in qualità di docente, il corso più popolare a cui la storia dell’università di Harvard abbia assistito. Il titolo del corso, preparato e tenuto dal professore fra il 2004 e il 2008, era “Positive Psychology 1504: Harvard’s Groundbreaking Course”.
Come raggiungere la felicità in pochi semplici step
Il focus del corso era una domanda: come possiamo aiutare noi stessi e gli altri ad essere più felici? Scrittore di numerosi bestsellers sul tema come “Happier: can you learn to be Happy?” o “Happier, No Matter What: Cultivating Hope, Resilience, and Purpose in Hard Times”, nel libro introduttivo sul tema, “Happiness studies”, ci presenta il tema della felicità.
Stando a Tal ben-Shahar la definizione di felicità la diede nella metà degli anni ’90 la scrittrice, attivista e insegnante statunitense Helen Adams Keller. Felicità per la scrittrice faceva rima con “integrità”. Con integrità si intente la capacità di non frammentarsi, di percepirsi ed essere integri nei riguardi delle proprie esigenze e delle proprie necessità. Non lasciarsi quindi condizionare da pressioni esterne o imput negativi per quella che è la propria scala valoriale.
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Tuttavia nell’opera Happiness Studies, come si diceva, ha racchiuso in 5 punti il risultato frutto delle sue riflessioni e da queste emerge che la felicità può essere raggiunta attraverso l’attenzione a: benessere spirituale, benessere fisico, benessere intellettuale, benessere relazionale ed emotivo.
Il benessere spirituale si consegue attraverso l’individuazione di un senso, di uno scopo da assegnare alla propria esistenza. Rivestire di significato le proprie azioni della vita di tutti i giorni aiuta a maturare maggiore consapevolezza di se stessi e ciò che si è, in positivo.
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Il benessere fisico non è scisso da quello spirituale e mentale. Non siamo un corpo con una mente, siamo corpo e mente e Cartesio è stato superato da un pezzo. Non siamo due ma uno, quindi, prendersi cura del corpo avrà influenza diretta sulla mente.
Il benessere intellettuale i riferisce al modo in cui indirizziamo e sfruttiamo la nostra abilità di intessere ragionamenti e il livello di difficoltà a cui sottoponiamo la nostra mente nel raggiungere gli obiettivi di tutti i giorni. Aspettative troppo alte potrebbero ad esempio ledere la propria autostima, impariamo a sviluppare il senso dell’opportuno e dell’apertura mentale.
Il benessere relazionale. Relazioni appaganti e sane con il prossimo sono il fulcro della serenità. La quantità e la qualità del tempo speso a stare bene hanno un peso sul bilanciamento dei livelli delle componenti chimiche nel nostro corpo e, quindi, hanno un incidenza profonda sull’umore e la relazione primaria che intratteniamo con noi stessi.
Il benessere emotivo è direttamente collegato alla capacità di far fronte alle difficoltà della vita e quindi alla capacità di elaborazione del dolore. Vivere e consolidare il senso di benessere, sentirsi sicuri grazie ad un vissuto emotivo positivo ci renderà in grado di sopportare e reggere le sfide della vita.