Il conflitto Russia-Ucraina-Nato si inasprisce e i fronti colpiti sono più di uno. Non è solo il rifornimento di gas a preocuppare l’Europa, adesso è anche l’import di cereali dai territori est-europei a destare agitazione.
La Confederazione generale dell’Agricoltura italiana, Confagricoltura, insieme a Coldiretti, l’ Organizzazione degli imprenditori agricoli a livello nazionale ed europeo, sono preoccupate. In che modo il conflitto fra le potenze europee dell’est ha ripercussioni seull’ Italia? Il gas resta il primo e solo deficit allarmante?
La Russia e l’Ucraina vantano storicamente una tradizione di florida produzione cerealicola. L’Ucraina in particolare ha rappresentato un crocevia di importanti scambi commerciali internazionali per tutto il ‘900. Vediamo nel dettagli le ripercussioni di uno stop all’export dei prodotti agricoli in Europa.
Chiusi i porti del mar Nero: la controversia sul grano tenero in Europa
La mossa russa nei confronti dell’Ucraina nasconde un altro livello di lettura. Sciovinismo e mire espansionistiche a parte, la Russia importa dall’Ucraina un ingente quantitavo di cereali. Famosa nel ‘900 con il nome di “Granaio d’Europa“, l’Ucraina vanta una massiccia produzione cerealicola per le sconfinate pianure di cui è geograficamente provvista. La Russia, certamente non è da meno.
Stando alle statistiche, nel 2019 la Russia era il terzo produttore al mondo di cereali responsabile della maggiorparte delle esportazioni dopo Cina e India. Questo raccontava Dmitrij Bedenkov, responsabile di ricerca presso l’azienda Russ-Invest, a Russia Beyond nel 2020. La FAO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) nel 2019 registravala il tasso di esportazione cerealicola Russa a un livello di 34,5 milioni di tonnellate vendute. Il più alto tasso a livello mondiale.
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE: La guerra di Putin in Ucraina: blackout per Italia e Occidente
A livello di export, non di produzione, la Russia si posiziona prima sul podio che vede seconde e terze America ed Europa rispettivamente con 26,6 e 23,7 milioni di tonnellate. La Russia, infatti, non si limita a produrre cereale e a farlo circolare nelle sole mura amiche, mostra infatti un grande spirito imprenditoriale: esporta quasi la metà della sua produzione di grano. Dal 2013 il tasso di esportazione è cresciuto del 150%.
Il problema maggiore riguarda al momento soprattutto i paesi del Nord Africa e del Medio oriente, qelli che affacciano sul mar Nero. Il blocco dell’esportazione cerealicola colpisce direttamente l’Egitto, nazione che spende di più per l’importazione di cereali, l‘Indonesia e la Turchia. In questi territori dal clima arido la produzione di cereali è infatti estremamente difficile se non impossibile.
L’invasione dell’Ucraina ha infatti immediamente determinato il blocco dei porti sul mar Nero ed ha causato un vertiginoso aumento dei prezzi degli alimenti come farina e cereali in quei paesi maggiormente legati alle importazioni dall’est-Europa. Egitto e Libano sono al momento le nazioni maggiormente colpite. Il prezzo del pane al Cairo è aumentato del 50% nell’arco di soli 7 giorni.
Ma veniamo all’Italia. Chiaramente l’isolamento economico della Russia e il fermo dei porti dell’Ucraina presentano il conto su scala più ampia. L’offera è bloccata e la domanda continua a crescere. Anche a Milano si è registrato un aumento dei costi del pane. L’Italia acquista dall’Ucraina soprattutto granturco e grano tenero, necessario per la pasticceria.
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE: Minaccia centrale nucleare: una catastrofe senza precedenti. Le conseguenze di un’eventuale esplosione
Una testimonianza interessante è quella dei soci Divella, riportata dal Corriere della sera. Una nave con 30.000 quintali di grano tenero, destinata a rifornire i magazzini dell’azienda pugliese, è rimasta bloccata nel porto di Azov. Quel grano, ha spiegato Vincenzo Divella, serve all’azienda di Rutigliano per produrre la farina manitoba, con cui rifornire il settore pasticceria.
«Si tratta di un grano molto proteico che si trova in Russia e in Canada: noi ci riforniamo in Russia per via delle annose polemiche sul glifosate canadese. Ma ora rimarremo senza grano tenero: abbiamo le scorte, ma non per più di un mese. Ovviamente ciò avrà anche ripercussione sui prezzi del grano, inutile nasconderlo» dichiara al Corriere.
Il 60% del grano tenero che usiamo per fare pane, pizza e biscotti proviene dall’Ucraina. Circa 122.000 tonnellate di grano tenero, nel 2021, provenivano dall’Ucraina. La situazione non sarà allarmante quanto quella del Cairo o del Libano e, più in generale, del Medio oriente, tuttavia questi dati raccontano che la guerra russa non è solo una guerra di confini ma di scambi commerciali. L’Italia attualmente deve preoccuparsi soprattuto del versante energetico.