Quello dell’impatto ambientale è un tema caldo dei giorni nostri. Parliamo di quello che consumiamo in termini alimentari e del suo impatto sull’ecosistema, parliamo del cibo.
Mai come nel nostro secolo la tutela dell’ambiente e la regimentazione dei consumi si impongono come temi centrali per la salvaguardia della civiltà. L’emergenza climatica ha infatti raccolto le nazioni unite per la ventiseiesima volta nel congresso tenutosi a Glasgow sul tema crisi e tutela dell’ambiente.
Siamo davanti ad un secolo che impone la diversificazione energetica e la sostenibilità dei sistemi di produzione in relazione ai consumi. Tutto ciò che consumiamo ha un impatto sull’ambiente in termini di smaltimento ed emissione. Parliamo quindi di quello che mangiamo. Il cibo ha un impatto sull’ambiente?
L’impatto ambientale del consumo alimentare: lo studio in merito
Il colosso radiotelevisivo inglese BBC riporta i risultati di uno studio affrontato dall’Università di Oxford sul tema dell’impatto ambientale a carico dell’industria alimentare. L’Abstract dello studio è firmato da T. Nemecek e J. Poor ed è disponibile all’archivio di ricerca online dell’Università.
L’abstract informa che l’impatto del cibo sull’ambiente fa capo a milioni di produttori diversi. In particolare i dati raccolti sono relativi a cinque indicatori ambientali, 38.700 aziende agricole, 1600 processori, tipi di imballaggio e rivenditori. L’impatto generato sull’ambiente, ad esempio, da produttori dello stesso prodotto, è spesso di 50 volte più alto o basso da un produttore all’atro.
Ciò significa che ci sono opportunità di mitigazione dell’impatto stesso, ma che non è sempre facile attuarle per via di interazioni e compromessi necessari alla catena di approvvigionamento. Nel fatto sono i produttori stessi a dover rispettare dei limiti sul livello di riduzione degli impatti.
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La cosa interessante evidenziata dallo studio è che l’impatto sull’ambiente a carico di prodotti animali generalmente non nocivi supera sempre quello dei sostituti vegetali. Ciò porta direttamente all’unica soluzione possibile: l’adozione di una nuova dieta. Se l’industria alimentare animale supera quanto ad impatto ambientale la produzione di qualsiasi altro prodotto vegetale è necessario che cambi la domanda complessiva del mercato sui generi alimentari.
L’estratto chiude così: “Cumulativamente, i nostri risultati supportano un approccio in cui i produttori monitorano i propri impatti, soddisfano in modo flessibile gli obiettivi ambientali scegliendo tra più pratiche e comunicano i loro impatti ai consumatori.”
La BBC entra nel vivo del tema e si chiede quali siano gli alimenti maggiormente coinvolti nel surriscaldamento globale. L’industria alimentare è responsabile di un quarto di tutte le emissioni di gas serra. Vediamo nel dettaglio i risultati dell’indagine.
Le percentuali di emissioni di gas serra legate agli alimenti
Le noci: onsumate 1-2 volte a settimana nel corso di un periodo di 12 mesi, il consumo di noci contribuisce alle emissioni annuali di gas a effetto serra di 1,1 kg. Tradotto in percentuale è l’equivalente di emissioni di una normale auto a benzina in moto per 4 km. Consumare ogni settimana 80g di piselli contribuisce all’effetto serra con emissioni equivalenti a quelle prodotte da un auto a benzina per 6 km.
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In un periodo di 12 mesi il consumo di agrumi contribuisce alle emissioni annuali di gas per 2 kg. L’equivalente di una normale auto a benzina che percorre 10 km. Il consumo di mele contribuisce alle emissioni per 2 kg, equivalenti a guidare una normale auto a benzina per 10 km. Il consumo di tè contribuisce alle emissioni annuali di gas a effetto serra di 3 kg: 13 km di un auto a benzina.
Poi ci sono le patate con la produzione di 3 kg di gas a effetto serra equivalenti a guidare un auto per 15 km. Il pane è uno dei maggiori incaricati. Coi suoi 4 kg di gas, percorre 19 km di emissioni. Di qui a salire. Troviamo le banane con ben 5 kg in più nell’emissione di gas serra per ben 22 km. I fagioli: corroborano con 7 kg di emissioni l’effetto serra, pari a 32 km di tratta.
La pasta immette nell’atmosfera 9 kg di gas, ovvero 39 km di percorso. Il tofu produce 12 kg di gas, pari a 51 km in auto. I pomodori 13 kg: 54 km di emissioni di benzina. L’avocado aggiunge 15 kg di emissioni nell’atmosfera pari a 64 km di carburante. Il vino richiede per la sua produzione 100 km di percorso autostradale, il caffè 137 km. Le uova raggiungo i 179km orari con 43 kg di gas emessi.
Il latte arriva ad emissioni pari a una macchina a benzina che percorre 202 km, un quantitativo cioè di quasi 50 kg di gas. Il latte, fra le altre cose, è un alimento che non andrebbe somministrato ad oltranza anche dopo la giovinezza dell’individuo. Il cosumo di formaggio pesa 75 kg di effetto serra: 310 km. Il pollo emette un numero a 3 cifre di gas a effetto serra, 106kg, pari a 438 km. Da qui in poi i numeri non diventano confortanti, anzi, allarmano dato il crescendo delle percentuali.
La macchina a cioccolato fondente percorre 476 km, porta con sè un peso di gas serra pari a 116 kg. La carne di maiale grava per ben 140 kg sulla salute dell’atmosfera, 577 km in un auto a benzina. Il pesce 146 kg per 601 km. Arriviamo infine al podio: la carne di agnello percorre 1.392 km, 339 kg di gas, la carne di manzo produce 604 kg di gas serra pari cioè a 2.482 km in auto.
Le carni rosse sono l’alimento a maggiore impatto ambientale. Gli alimenti vegetali rientrano fra quelli a minore emissione di gas richiesti per la loro prouzione. Una radicale riconsiderazione della propria alimentazione in chiave ecologica e green si impone come urgente e necessaria per la salvaguardia della nostra casa, la terra.