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L’agricoltura sostenibile potrebbe salvare il mondo? La permacultura ci da la risposta

La permacultura è un insieme di tecniche agricole sviluppate negli anni 70 del ‘900 dagli agronomi Bill Mollison e David Holmgren. Questa tecnica mette in comunicazione esigenze naturali e specie umana.

Campo di grano (Foto di Gianni Crestani da Pixabay)

La permacultura rappresenta un insieme di partiche agricole propedeutiche all’antropizzazione del paesaggio agricolo. Ciò significa che fa riferimento ad un insieme di tecniche atte a rendere la produzione del raccolto sintonizzata al fabbisogno umano.

Il gruppo che ha curato l’edizione italiana del libro, “Introduzione alla permacultura“, ha modificato la denominazione della pratica. Gli editori hanno ritenuto più coerente la denomonazione di permacultura anzichè permacoltura. La modifica è stata apportata con l’intento di enfatizzare il concetto di cultura insito nella pratica agricola. In particolare la sua connessione con i vari aspetti della società umana e il suo legame con la natura.

Permacultura: di che si tratta

Spighe di grano (Foto di FelixMittermeier da Pixabay)

L’opera di Mollison e Holmgren si basa su almeno 5 assunti fondamentali. Già negli anni 70 si prevedeva che la società industriale avrebbe trasformato il mondo irreversibilemente. Si prevedeva già quel disastro di cui viviamo il parossismo: la crisi ambientale. La permacultura è stata ideata prevedendo lo scenario di pericolo per il benessere e la sopravvivenza della nostra specie.

I due agronomi hanno tenuto in conto anche la crescita esponenziale della portata dei danni dell’industrializzazione sulla biodiversità. In particolare già parlavano dell’impatto globale che l’adozione di certi costumi avrebbe comportato. Altro caposaldo dello scritto è la consapevolezza che l’uomo, seppure oggi alieno alla natura, ne è sostanzialmente parte.

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È cioè sottoposto alle medesime leggi dell’universo materiale, soprattutto quelle relative alla gestione delle risorse energetiche. La straordinaria capacità del libro di precorrere i tempi è così svelata. Mollison e Holmgren parlano chiaramente della necessità dell’uomo futuro di diversificare le fonti energetiche. Il ritorno alle energie rinnovabili e l’abbandono dei combustibili fossili è ciò di cui si fanno profeti.

Ma parliamo della tecnica. Essenzialmente si tratta di un’agricoltura che non punta al massimo profitto attraverso lo sfruttamento della terra e delle risorse naturali, ma che predilige un uso intelligente e sostenibile del suolo. L’agricoltura industriale, invece, si basa sulla “monocultura“, la coltivazione settorializzata delle specie vegetali. Le monocolture e l’uso di pesticidi hanno ridotto estremamente la biodiversità.

L’utilizzo massiccio di pesticidi sulle colture non fa bene inoltre alla salute delle piante e neppure alla nostra. Ma non è l’unico problema: i terreni vengono spesso seminati più volte all’anno e difficilmente si rigenerano. Questo perchè le specie vegetali non seguono il ritmo della filiera produttiva industriale. Tali ritmi rendono i terreni meno fertili e meno piante significa minore assorbimento di CO².

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In che modo la pemacoltura intende rovesciare questo scenario? Le risorse utilizzate dalla parmacultura sono innanzitutto interamente naturali. Si serve cioè di espedienti biologici anche, ad esempio, per allontanare i parassiti. Ultimamente è in voga la tecinca pesticida che si serve dei feromoni, ormoni naturali degli insetti.

Altro fattore di grande innovazione è rintracciabile nel design. La permacultura adotta un design che imita gli ecosistemi naturali. Alberi da frutto, cespugli di bacche e fiori selvatici che, anche in un piccolo spazio, si armonizzano tra loro. Ciò significa caldeggiare l’insediamento del maggior numero possibile di specie. In questo modo gli esemplari non si contenderanno i nutrienti (come nella monocultura) ma si sosterranno a vicenda.

Le colture miste vantano una resa totale significativamente maggiore rispetto a una monocoltura delle stesse dimensioni. Gli stessi risultati possono essere ottenuti combinando alberi da frutto, arbusti e bestiame. L’introduzione di animali da fattoria nel ciclo biologico è un altro aspetto importante. Gli animali possono essere infatti allevati saggiamente per aiutare a liberare le aree coltivate dai parassiti e per fertilizzare il terreno.

In Asia le anatre vengono impiegate per proteggere le risaie dagli insetti, ad esempio. Ciò consente di limitare l’uso di fertilizzanti chimici. Fra gli espedienti di design tipici della permacultura vi è sicuramente la spirale delle erbe. La spirale delle erbe offre un ottimo esempio di ottimizzazione dello spazio.

Consiste in un letto tridimensionale a spirale su cui è possibile impiantare una vasta gamma di piante. Lo spazio non è troppo ampio, in compenso le specie vegetali accolte sono variegate. Le specie vengono scelte in base alle esigenze nutritive e l’esposizione solare richiesta. Attualmente il principio della permacultura è adottato soprattutto da giardinieri privati e singole aziende agricole.

L’attività garantisce un’ottima resa anche se impiantata su un territorio piccolo. Tuttavia i guadagni finanziari sono limitati. L’emancipazione dal profitto garantito dall’industria è l’unica via per una profonda rigenerazione in chiave sostenibile. Se non si modificano gli assi portanti del nostro sistema di produzione, un cambiamento delle politiche agricole e ambientali risulta praticamente impossibile.

 

 

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