Biodiversità a rischio. Ecco cosa sta succedendo sul nostro pianeta: gli scienziati lanciano l’allarme e le soluzioni per frenare la corsa negativa
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Gli equilibri del pianeta stanno cambiando, lo sappiamo bene. Ma prenderne atto soltanto non basta, dovremmo agire. Come? Sappiamo bene che ogni nostra azione incide in modo massiccio sull’ambiente e adesso ne stiamo già pagando le conseguenze.
Secondo gli ultimi studi c’è una perdita di biodiversità incredibile. Ecco che questo fenomeno dovrebbe essere invertito o quanto meno frenato. Come? Con azioni di protezione prima che sia troppo tardi. Gli scienziati parlano già di estinzione di massa. I numeri sono spaventosi e descrivono un quadro quasi apocalittico. Ecco cosa sta accadendo e perché bisogna agire.
Gi studi parlano chiaro: la biodiversità è a rischio e noi dobbiamo fare qualcosa. A sottolinearlo sono due studi paralleli pubblicati su Science ai quali ha collaborato anche l’università La Sapienza di Roma.
Cosa sta succedendo nello specifico? Ci sono immense aree del pianeta, quasi 65 milioni di chilometri quadrati di aree che sono anche abitate dall’uomo che ha imposto la sua impronta. Si parla di 1,8 miliardi di persone che non si sono mai veramente interate in quanto non riescono a proteggere gli ecosistemi.
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Ecco perché gli studiosi parlano di forme di protezione necessarie da istituire. Non si tratta solo di aree protette ma di azioni che guardano alla conservazione degli ecosistemi e delle specie. Per difendere la biodiversità, inoltre, bisognerebbe guardare alla connessione tra le diverse aree e zone di tutela.
Avere tanti piccoli puntini protetti non serve, è importante che le aree siano connesse tra di loro, tramite appositi corridoi. Cosa si può fare ancora? Estendere queste aree perché è vero che sono tante ma ancora non bastano secondo il calcolo degli studiosi.
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Tutta l’area da proteggere sarebbe 1,3 milioni di chilometri quadrati, ovvero un territorio quattro volte l’estensione dell’Italia, secondo i calcoli stimati. Questo territorio è ad alto rischio e prima che venga ulteriormente convertito è necessario proteggerlo entro il 2030. Un’azione richiesta veloce ed urgente che permette, secondo gli esperti, di non perdere ancora altre specie.