La frutta tropicale ed i pesticidi: ecco qual è l’ottimo rapporto tra i due. Si può mangiare e con tranquillità, ecco perché
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La frutta tropicale ha ormai invaso anche il nostro mondo. Se fino a pochi anni fa non sapevamo nemmeno cosa fosse l’avocado, la papaya, il mango e molto altro, oggi li desideriamo e li cerchiamo dal fruttivendolo come al supermercato in maniera costante.
La globalizzazione ha portato a questo ma anche una maggiore conoscenza di frutti lontani dalla nostra terra e dal nostro habitat che però sono buoni e anche molto salutari per l’organismo. Quando parliamo di frutta e verdura però, soprattutto quelli della grande distribuzione, non manca mai lo spauracchio dei pesticidi.
Come vengono prodotti e quanto sani sono, in realtà, tutti i frutti che arrivano sulla nostra tavola? Quelli tropicali sono i migliori. Ti spieghiamo perché hanno meno pesticidi degli altri.
Ananas, avocado, papaya e non solo, sono tra la frutta meno contaminata in assoluto. A rivelarlo la Clean Fifteen, il report che descrive la frutta e la verdura “più pulita” che si trova sul mercato, ovvero la meno contaminata da pesticidi e fungicidi.
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Affianco a questi tre elementi compare anche il mais dolce, la cipolla, i piselli, gli asparagi, le melenzane, i broccoli, i cavoli ma anche il kiwi, il melone ed i funghi.
I campioni della analisi svolte dall’Environmental Working Group (EWG) che ogni anno si occupa di analizzare i prodotti vegetali che ci sono sul mercato americano, hanno dimostrato come questi 15 elementi sono tra i migliori in assoluto.
Le quantità di sostanze dannose per la salute sono quasi irrilevanti tanto che solo 8% di tutti i campioni analizzati ha presentato due o più pesticidi. Una percentuale quasi irrisoria sulla grandissima quantità studiata.
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Ovviamente accanto alla lista dei cibi buoni e sani, è emersa anche la classica della frutta e verdura più contaminata da pesticidi che conferma sulla scia dello scorso anno che i prodotti ai quali fare attenzione sono diversi. Un triste primato ce l’hanno le fragole, seguiti da spinaci e cavolo. Rientrano nella black list anche mele, uva e pesche. E poi ancora patate, pomodori e sedano.