Il fiore stupendo e profumato che sboccia una volta sola, dopo oltre un decennio e condanna a morte la pianta madre.
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La pianta di Agave, della famiglia delle Asparagaceae è piuttosto longeva e può arrivare a vivere mediamente fino ai trent’anni. Ha origini tropicali e viene usata per produrre la tequila e il mezcal, liquore molto più alcolico a cui è spesso associata una larva di coleottero che renderebbe la bevanda più saporita.
Super resistente e dalle foglie carnose, secondo la leggenda l’agave fiorirebbe ogni 100 anni. Per fortuna, in realtà seppure ci vuole molto tempo perché questo vegetale fiorisca, nella realtà i tempi di fioritura non sono così dilatati.
Possono essere necessari dai dieci ai trent’anni perché l’agave possa offrire al mondo lo spettacolo della sua fioritura. E da un lato questa è una fortuna dato che dopo che il fiore compierà il suo ciclo vitale l’intera pianta sarà condannata a morte. Da qui il nome “Fiore della morte”.
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Le foglie di agave crescono come a formare a loro volta una sorta di fiore. Mentre l’effettiva fioritura sbalordisce con la sua incredibile altezza. Supera infatti i 5 metri e può arrivare fino ad 8. L’infiorescenza dura molti mesi al termine del quale la pianta inizierà ad appassire fino ad un inesorabile declino.
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I fiori di agave sono di colore giallo ed hanno un odore simile a quello del melone. Presentano delle diramazioni di numerosi rami fioriti che troneggiano sulla pianta dall’alto, quasi come se fossero a sé stanti. Tendono ad attirare molti insetti col loro profumo fruttato.
Simbolicamente il fiore di agave è associato a quegli amori così intensi da diventare ossessivi, trasformarsi in distruttivi e pericolosi per chi li sperimenta.
In Italia la pianta è molto diffusa in particolar modo nelle zone meridionali perché più calde. In particolare la Sicilia l’ha scelta come pianta simbolo sia dell’isola che della fortuna. Secondo le credenze dei contadini siciliani, la pianta si mantiene vergine per anni per poi scaturire il prezioso fiore una volta “maritata”.
La pianta sarebbe, sempre secondo le credenze degli agricoltori siciliani, necessaria per creare antidoti contro il malocchio.