I vestiti al petrolio sono una verità shock. Una recente ricerca ha scoperchiato il vaso di Pandora. Cosa sta succedendo nella moda?
I nostri vestiti si realizzano con il petrolio. A dirlo è l’organizzazione Changing Markets, che – con la sua direttrice alle campagne Nusa Urbancic – ha messo in evidenza i risultati delle ricerche poste in essere dall’associazione. Infatti, uno dei suoi compiti è proprio quello di vederci chiaro su alcuni processi industriali e sulla loro reale sostenibilità. Si può inquinare con i vestiti? Purtroppo sì. Uno dei fenomeni più odiosi è quello della fast fashion. Le aziende che operano in questo settore – spesso sfruttando lavoratori in nero – creano appositamente dei vestiti che saranno buttati dopo poche settimane. Qual è il motivo? Sempre il solito: il profitto.
Il problema dei vestiti con il petrolio va ben oltre il semplice problema ambientale. Infatti, a quanto emerge, nel 2000 il poliestere ha superato il cotone come prodotto più venduto. Il risultato è che oggi questo tessuto derivato dal petrolio ha una diffusione pari al 60% dei capi in più rispetto a 15 anni fa. Il problema è che il poliestere sembra vantaggioso ed economico, ma non lo è affatto. I costi si vedono quando c’è da riciclare o da smaltire. Infatti, questo materiale non si può riciclare, se non con difficoltà e anche smaltirlo è un’impresa.
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Negli Stati Uniti, il 15% degli abiti usati viene riciclato. Per la situazione in cui si trova il Pianeta, è troppo poco. Secondo i dati dell’organizzazione, ogni persona ha contribuito all’ambiente con 47 chili di vestiti buttati. La Chemnitz University of Technology ha trovato, però, una soluzione intelligente per risolvere il problema. L’università tedesca, infatti, vorrebbe creare un’etichetta digitale. Così, quando l’abito è da buttar via, chi è addetto al riciclo saprà esattamente come fare.
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Anche i rifiuti in mare sono causati dall’aumento delle fibre sintetiche. Questa soluzione consentirebbe di capire come riciclare questi capi, almeno quelli che si possono riciclare.