Per Shein arriva l’accusa di sfruttamento dei lavoratori. Vediamo insieme cosa c’è di vero dietro al colosso della fast fashion.
Il colosso della moda veloce Shein ha subìto una pesante accusa da parte dell’Organizzazione Non Governativa ONG Public Eye per sfruttamento dei lavoratori. Secondo l’ente svizzero, le condizioni di lavoro sarebbero di oltre 10 ore al giorno, con stipendi davvero molto bassi rispetto al carico di ordini che l’azienda dovrebbe avere, visto che vende in tutto il mondo. Infatti, secondo l’indagine della ONG, il marchio prevederebbe un lavoro di oltre 75 ore alla settimana, senza contare che la richiesta sarebbe di piccole produzioni a stabilimenti molto ridotti, con sovraffollamento e poca sicurezza in generale.
Shein, su cosa si basa l’accusa di sfruttamento dei lavoratori: tutti i dettagli
Oltre a questo, il lavoro sarebbe diviso in più parti. Gli operai che si occupano di cucire passano i capi a chi li stira al termine del lavoro, mentre ci sarebbero altre persone addette al solo confezionamento. Secondo l’indagine, in un locale molto piccolo ci sarebbero oltre 200 persone senza finestre.
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La produzione arriverebbe così a 1,2 milioni di capi al giorno. Ci sono anche testate italiane, come Green Me, che avrebbero intervistato alcuni di questi operai. Avrebbero scoperto che un operaio avrebbe un solo giorno libero al mese. In più, i turni sarebbero di 12 ore. Tutto questo sarebbe contrario anche alle leggi cinesi, che prevederebbero 40 ore di lavoro alla settimana e non più di 36 ore pagate come straordinario. Ad attirare il modello della fast fashion di Shein sono i più giovani, ma non solo. Chiunque usa i social network, in particolare Instagram e TikTok, trova spesso la sponsorizzazione collegata a questo marchio, o scarica l’app per procedere all’acquisto, magari senza sapere di queste accuse.
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Shein ha risposto all’accusa di sfruttamento dei lavoratori dichiarando che non ha lavoratori forzati né minori a lavorare. In più, il 60% del materiale utilizzato per i capi realizzati sarebbe riciclato. Per rispondere all’accusa di aver copiato o contraffatto alcuni modelli, l’azienda ha dichiarato di attirare giovani stilisti con nuove idee con il programma Shein X. L’unico dato certo è che la valutazione sull’impatto ambientale non sarebbe eccezionale, anzi. Non ci sono prove su come l’azienda si comporta con emissioni, microplastiche e sostanze chimiche. In compenso, i materiali utilizzati – a guardare l’etichetta – non sembrerebbero proprio amici dell’ambiente.