Latte e sostenibilità: quale tipo di latte ha il minimo impatto ambientale? Confrontiamo le tipologie

Latte vaccino: un alimento che appartiene alla nostra dieta quotidiana da sempre. Produrlo è davvero sostenibile?

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Latte vaccino (Foto di Imo Flow-Pixabay)

Parlare di sostenibilità nella produzione di ogni prodotto che acquistaimo e consumiamo, secondo me, lascia un pò il tempo che trova. Produzione va a braccetto con inquinamento, è inevitabile. Si può cercare di avere un impatto minore sul territorio che ci circonda facendo scelte consapevoli ed etiche, altro non è possibile.

Nello specifico, che cosa possiamo fare per scegliere un latte vaccino che sia un prodotto naturale, sano e rispettoso del pianeta? Innanzitutto è importante acquistare il latte in piccole aziende, dove il rispetto dell’animale è una scelta primaria.

Altri passi da fare per scegliere latte sostenibile

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Bevanda vegetale alla mandorla (Foto di Couleur-Pixabay)

Il latte prodotto da grandi industrie prevede che la mucca da latte, una volta partorito, dopo avere terminato la produzione di colostro, non allatti più il suo piccolo. Il vitello viene nutrito con proteine del latte, e quello munto viene lavorato ed utilizzato per il commercio. Una mucca, quindi, che ha un’aspettativa di vita di più di 10 anni, producendo latte in continuazione, è destinata al macello dopo solo 3 – 4 anni.

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Lo stesso mangime utilizzato per l’alimentazione può aiutare a contrastare le emissioni di gas. Secondo la FAO, i bovini da latte e da macello emettono circa il 10% di tutte le emissioni di gas serra indotte dall’uomo.

“Tutti i ruminanti producono metano nel processo di fermentazione delle fibre durante la digestione,” spiega Florian Leiber, direttore di Scienze del Bestiame dell’ Istituto di Ricerche dell’Agricoltura Biologica.

Una singola mucca può rilasciare fino a 100 kg di metano all’anno, principalmente ruttando, come se facessimo andata e ritorno Parigi-New York per ben due volte. Chi l’avrebbe mai detto. L’inquinamento non è solo a carico dell’uomo, come generalmente si crede.

Ha un impatto minore la produzione di latte di capra, di asina e di bufala. Uno dei motivi è sicuramente la domanda che è minima rispetto al latte vaccino. In secondo luogo, ma non meno importante, è il costo. Sono prodotti di nicchia, presenti sul mercato in quantità decisamente ridotte, di conseguenza i prezzi non sono accessibili a tutti.

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Altro impatto hanno le bevande che vengono chiamate erroneamente: latte. Sono preparati a base di frutta secca o di cereali. Il più diffuso è quello di Soia. Possiamo berlo al bar schiumato come un cappuccino. Segue quello di Mandorla, di Riso, di Avena, di Sorbo, di Nocciola, di Noce.

Una volta che il frutto viene raccolto, può essere venduto direttamente dal produttore anche in purezza. Oggi possiamo trovare su tantissimi siti di ricette naturali, il modo di produrre in casa la bevanda che preferiamo. Forse, in questo modo, si riduce l’impatto ambientale.

Certo, le bevande vegetali hanno solo l’apparenza del latte nel colore, e non sempre. Il sapore è completamente diverso, ma si sa, come dicevano i saggi latini: “De gustibus non disputandum est”.

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