Il cambiamento climatico sta travolgendo anche la Nuova Zelanda: il Governo prevede l’abbandono di numerose abitazioni dalle coste.
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I cambiamenti climatici mettono in crisi il mondo intero e così anche la Nuova Zelanda è costretta ad attuare alcuni disperati provvedimenti per contrastarli. Dato il forte rischio di innalzamento degli oceani e una maggiore frequenza di inondazioni provocate dai fiumi, il Governo ha pensato di spostare interi villaggi dalle coste più minacciate, attuando un piano di azione incredibile.
Si tratta di una risposta al cambiamento climatico, per una ricollocazione di intere cittadine costiere. Il piano d’azione inizierà dal 2024 e proseguirà per 30 anni, quando intere comunità saranno accompagnate altrove, in zone più sicure. Il programma è stato presentato qualche giorno fa dal Ministro per il cambiamento climatico James Shaw, a seguito di un incontro per le politiche green.
Il Governo neozelandese ha approvato da poco il piano per la riduzione delle emissioni, finanziando quasi 3 miliardi di dollari neozelandesi per il bilancio 2022. L’obiettivo è quello di ridurre le emissioni di gas serra, fino ad azzerarle entro il 2050. Come afferma Shaw, un settimo del territorio è a rischio inondazione, significa che oltre 70 mila abitazioni sulla costa sono in pericolo, e l’innalzamento del livello del mare è una minaccia costante.
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Occorre intervenire tempestivamente, prima che si verifichino altre tragedie. La Nuova Zelanda, sia per la sua conformazione che per la sua posizione geografia, possiede un territorio molto fragile. Calamità naturali, in questo angolo di mondo, sono frequenti, eppure, un piano simile è già stato approvato da altre nazioni, come ad esempio i Paesi Bassi, il Canada e gli Stati Uniti, in particolare in California.
Tutto ciò mette in evidenza i forti disagi, in ogni parte del pianeta, che i cambiamenti climatici stanno provocando. Come funziona il piano predisposto dalla Nuova Zelanda? Si prevede la mappatura di tutti i territori a rischio, l’individuazione di aree sicure in un passaggio definito “arretramento gestito delle coste”, e la ricostruzione perfetta delle cittadine. In pratica, il Governo, assistito da esperti, deve ripensare le coste, costruendo dighe e altre infrastrutture.
Ma le varie comunità sono già insorte, poiché il piano strategico non convince pienamente: i costi per attuare l’intero processo saranno divisi tra Governo, banche, compagnie assicurative, comunità e cittadini proprietari degli stessi immobili da ricostruire. Il provvedimento è stato deciso a seguito dell’inondazione e della frana di fango che hanno coinvolto la città di Matata, nella Baia di Plenty.
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In quell’occasione, tantissime persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case per mettersi al sicuro. A queste persone è stato dato un indennizzo, ma le loro dimore sono andate distrutte per sempre. Il livello dei mari continua a crescere di circa 3 mm all’anno, mentre la temperatura media registrata è stata superiore di 1,2°. Questi fenomeni spaventano la nazione oceanica, la quale si sta preparando alla ricollocazione di numerose comunità nei decenni che verrano.