Come le più bieche logiche dello sfruttamento a fini pecuniari siano divenute parte integrante del nostro tessuto sociale è questione controversa. Di certo sono i più deboli a farne le spese.
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Direttamente dalla Spagna pecore e bovini vengono stipati in navi a destinazione Nord Africa e Medio Oriente. Il fine ultimo? Il macello, chiaramente.
La Spagna nell’ultimo decennio si è classificata come uno dei paesi principali esportatori di bovini e ovini a scopo commerciale. Gli animali percorrono, ancora vivi, tratte molto lunghe su mezzi di trasporto sporvvisti di personale veterinario.
Al centro della vicenda è la città di Cartagena. La Spagna è il principale esportatore europeo di bovini e il secondo, dopo la Romania, di ovini. Cartagena è innanzitutto una meta turistica. Sono numerosi i turisti che si affacciano sulle spiagge della città per ammirare le rovine romane del luogo.
Il problema è un altro. A Cartagena vengono anche pesati ovini e bovini in attesa di essere caricati su navi da carico per l’export commerciale definito crudele e non necessario. Negli ultimi 5 anni sono partiti dal porto della città circa tre milioni di animali da fattoria per un valore commerciale di 500 milioni di sterline, così ci racconta il Guardian.
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Le destinazioni principali sono il Medio Oriente e il Nord Africa. Come se non bastasse nell’ultimo mese lo smercio di bestiame ha conosciuto un picco mostruoso per via della ricorrenza dell’Eid al-Adha, la festa del sacrificio celebrata in tutto il mondo musulmano.
Il reportage fa riferimento a lunghe code di camion in fila già dalle 7 del mattino, ricolmi di bestiame destinato a viaggi transatlantici fino al macello. Olga Kikou, European Affairs Manager di Compassion in World Farming, ha raccontato al Guardian quale sia la causa a cui ricondurre questo boom commerciale ispanico.
L’Australia nel 2011 ha inasprito severamente le politiche sul benessere animale introducendo rigide regole sulle modalità di trasporto e abbattimento nel paese di destinazione. In risposta Arabia Saudita e Libia hanno modificato le proprie rotte commerciali rendendo la Spagna il loro principale interlocutore in materia.
Oltre a Cartagena l’altro porto che gode dei permessi per lo smercio di animali vivi è Tarragona. Numerosi attivisti contenstano l’attività soprattutto perchè occultata da un porto ufficialmente chiuso al pubblico. Le operazioni a Tarragona sfuggono lo sguardo della popolazione autoctona.
I soli collaboratori sono cioè a conoscenza di ciò che succede agli animali durante la fase di carico. In questo modo numerose regole sul rispetto del benessere animale vengono facilmente aggirate e il controllo sul tasso di mortalità del bestiame durante il trasporto eluso.
Nel 2021 è stato reso noto, poichè “incidente” di portata inoccultabile, che ben 3 mila bovini esportati dalla Spagna su due navi distinte sono morti durante il tragitto, il tutto nell’arco di due settimane. Molti fra i restanti esemplari sono rimasti sulle navi poichè dichiarati “non idonei”.
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Le navi bloccate per presunta diffusione di febbre catarrale ovina furono l’Elbeik e la Karim Allah. Il rapporto ufficiale, di cui il Guardian ricorda i punti principali, fa riferimento a mancanza di cibo e acqua, sovraffollamento e negligenza generale.
A destare orrore anche negli stomaci più insensibili rientra la confessione del capitano dell’Elbeik. Costui ha dichiarato che durante il viaggio si è resa necessaria la soppressione di almeno 169 capi di bestiame che dopo essere stati fatti a pezzi sono stati buttati in mare.
Oramai siamo abituati: gli orrori più tremendi vengono legittimati dagli interessi economici dei paesi in gioco. Alcuni membri del partito liberale assieme a numerosi attivisti premono affinchè venga introdotta trasparenza sulle condizioni di trasporto degli animali caldeggiando la rivolta cittadina.