Le piante carnivore sono oramai sempre più diffuse negli appartamenti di città. Ecco quali sono le specie più diffuse e note
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Se si pensa alle piante carnivore vengono subito in mente film ironici o cartoni animali dove queste mangiavano il protagonista. Senza dimenticare il più noto videogioco al mondo Super Mario che, tra un guscio di tartaruga, un salto doveva affrontare anche grandi e rosse piante carnivore.
Di queste piante esistono, al mondo, circa 600 specie. E tutte hanno in comune la capacità di catturare e digerire forme di vita tramite sistemi di caccia ben definiti e collaudati. Ma nonostante le leggende, queste non hanno la capacità di mangiare topi e pipistrelli. Gli unici animali di cui si nutrono sono gli insetti.
Se volete coltivare in casa una pianta carnivora è ben sapere – fin da subito – che queste richiedono tantissime cure. Ma con un po’ di attenzione tutto è possibile. Soprattutto se si scelgono quelle più diffuse che meglio si adattano al nostro clima.
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La prima (e forse più nota) è la Venere Acchiappamosche. Queste producono piccole rosette di foglie chiare, normalmente, basse sul terre. Oltre a queste sviluppano degli steli prostrati o eretti sulle cui estremità si formano delle particolare conformazioni circolari, divise nel centro da una depressione con dei filamenti sul margine esterno. Queste sono delle trappole che, se toccate, scattano e si chiudono. In primavera dal centro della rosetta si erge un fusto che produrrà dei fiori bianchi a stella.
Altra pianta molto amata è la Sarracenia purpurea. Questa, tra le più adatte a vivere in giardino, è giunta in Inghilterra nel 1640 da dove si è diffusa. Questa pianta presenta delle foglie a forma di otri, la cui parete interna è liscia e scivolosa. Il colore varia dal rosso al verde con striature rossastre. Lo stelo può arrivare anche a 60 cm di altezza. Altra peculiarità è che questa non rilascia enzimi per la digestione post cattura.
Molto diffusa poi è la Nepenthes, di cui esistono più di 170 specie. La maggior parte di queste sono terresti, ma alcune possono essere anche epifite. Questa è formata da uno stelo, che arriva fino a 15 cm di lunghezza, ai cui lati si alternano le foglie. La nervatura centrale si estende oltre la loro lunghezza così da formare un viticcio capace di contenere la trappola. Arrivata poi a una certa altezza la pianta carnivora inizia a produrre foglie con viticci che si arrotolano su se stessi. Così facendo questa riuscirà ad arrampicarsi o sostenersi a quello che lo circonda. Si tratta di una soluzione adottata affinché lo stelo non si spezzi a causa del peso da sopportare.
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Infine l’ultima tra le piante carnivore più diffuse è la Drosera Capensis. Questa è caratterizzata poi da un particolare modo di catturare le predi piuttosto complicata. Non a caso le foglie hanno tantissimi tentacoli che, sulla parte più estrema, hanno una sostanza gelatinosa e vischiosa che non solo permette la cattura degli insetti, ma anche la digestione.