Carenza idrica, le larve puliscono l’acqua inquinata: la grande scoperta

Grazie ad un’idea originale di una ricercatrice dell’Università di Padova, la scoperta per ripulire le le acque reflue da sostanze inquinanti

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Siccità (Foto di Susanne Jutzeler, Schweiz-Pixabay)

Durante questa estate particolarmente calda e afosa, certe zone d’Italia hanno sofferto la mancanza di acqua. Alcuni comuni, per arginare il problema, hanno vietato l’uso dell’acqua per annaffiare giardini e orti, in alcuni momenti della giornata. Così è stato anche per chi doveva riempire o rabboccare le piscine.

Sembra che, in futuro, sarà sempre più presente la necessità di studiare nuovi modi per poter avere acqua pulita, dal rendere potabile l’acqua del mare al depurare quelle reflue. Recenti studi hanno dimostrato che è possibile almeno arginare la quastione.

Una scoperta per “pulire” l’acqua inquinata parte dall’Italia, per la precisione da Padova

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Acqua potabile (Foto di Bernd Scheumann-Pixabay)

La ricercatrice, Valentina Grossule, ha sempre avuto il pallino dell’ambiente, fin da piccola, e, nonostante gli studi di Ragioneria, ha scelto di proseguire con Ingegneria Ambientale, per poter poi un giorno portare un aiuto tangibile alla qustione ambientale.

Già lavorando alla sua tesi, si era avvicinata alle tematiche ambientali, e, seguendo dei progetti in Costa d’Avorio, ha approfondito l’organizzazione di un sistema della gestione della raccolta dei rifiuti attraverso sistemi a basso impatto ambientale.

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All’Università di Padova, dove si è laureata a pieni voti e con una menzione accademica, la ricercatrice e docente Valentina Grossule, originaria di San Francesco in provincia di Verona, durante il dottorato, ha concentrato la sua attenzione sul

percolato di discarica, acqua reflua formata dalle precipitazioni che passano attraverso il rifiuto e si caricano di sostanze contaminanti.”

come spiega lei stessa in un’intervista a l’Arena. Per gestire una discarica e rendere le emissioni meno contaminanti, è necessario ricorrere a sistemi di depurazione complessi e molto costosi. Per contenere i costi, si è giunti all’idea di sfruttare alcuni insetti tropicali che si cibano della sostanza organica che produce l’acqua reflua. Da qui si può arrivare a produrre biomassa.

Oggi l’intuizione e lo studio, è un brevetto internazionale dell’Università di Padova, grazie al lavoro della dottoressa Grossule, il professor Cossu e la dottoressa Lavagnolo. Ora questa applicazione è usata dalle aziende alimentari, che producono acque reflue in grande quantità. In futuro anche le cantine vinicole, se ne avvarrano, in quanto produttrici di acque molto concentrate.

Le larve erano già state utilizzate in passato per gli scarti solidi dei cibi. Hanno ottenuto risultati cosi positivi che, in alcuni paesi come Sudafrica, Cina Usa, Canada e Francia, hanno realizzato impianti su scala reale.

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La particolarità di queste insetti, spiega la ricercatrice, è data dalla loro grande voracità. Di conseguenza, la

“rapida crescita e produzione di biomassa, ricca di lipidi e proteine, che può essere recuperata direttamente come alimento per animali come polli e pesci.”

Inoltre, dalle larve si possono produrre farine altamente proteiche, e dai grassi biodiesel. Infine, estraendo chitina e chitosano, è possibile produrre spago che poi si degrada, usato dai medici per suturare le ferite.

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