Come proteggere e riparare i capillari utilizzando le foglie della vite, davvero ricche di agenti benefici.
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Fin dall’antichità, la vite è sempre stata una pianta tenuta in grande considerazione dall’uomo, grazie alle molteplici varietà del suo dolcissimo frutto: l’uva. Bianchi o neri, i suoi grappoli da sempre sono simbolo di convivialità e bontà, sotto forma di un bel bicchiere di vino o di chicco da gustare a fine pasto.
A rendere ancora più preziosa la vite sono i tanti modi in cui si possono gustare le varie tipologie di uva: chicchi freschi, uva passa, pregiato vino, gelatine, confetture, liquori, fino all’aceto, l’uva si presta a numerose lavorazioni, ciascuna con i suoi benefici per il nostro organismo.
Come utilizzare non solo i chicchi ma anche le foglie
I chicchi d’uva hanno potere antiossidante, il succo degli acini cura le pelli grinzose, il vino è antianemico, il decotto di uva passa è un ottimo espettorante. Ma quello che pochi sanno è che le foglie hanno grandi proprietà vaso-protettrici.
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Infatti, le foglie della vite, in special modo quelle delle vite rossa, sono ricche di polifenoli, molecole organiche che riparano e proteggono i capillari, e donano tonicità alle pareti venose. Per questo, un impacco di foglie di vite può rivelarsi una grande sollievo per la circolazione. Ecco come farne uno!
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Preparare un efficace decotto di foglie di vite è facilissimo. Gli unici due ingredienti necessari sono 8 g di foglie di vite e 100 ml di acqua fredda. Immergiamo le foglie nell’acqua fredda, e lasciamole il tutto sul fuoco fino a che l’acqua non cominci a bollire.
Una volta portata l’acqua ad ebollizione, lasciamo cuocere le foglie per dieci minuti. Dopodiché, passiamo a filtrarle accuratamente, per ottenere così il nostro decotto pronto per essere applicato.
Individuate le zone più sofferenti, dove affiorano le dilatazioni dei capillari, applichiamo lì gli impacchi di decotto. Una posologia efficace è quella di lasciare agire gli impacchi per circa venti minuti, e di ripetere l’operazione tre volte al giorno, fino a che non avvertiamo un miglioramento della condizione.
