Quando si acquista cibo per cani e per gatti, occorre sempre leggere bene l’etichetta, in alcuni casi potrebbero esserci tracce di una specie protetta.
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Uno studio condotto a Singapore ha scioccato tutti quanti: nel cibo per gatti e cani sono state rinvenute tracce di squalo. Un fatto non solo insolito, ma assurdo. Come possono esserci tracce di alcune specie di squalo, anche a rischio estinzione, negli alimenti per animali domestici? Se lo sono chiesti in tanti, eppure è ciò che è accaduto nei mesi scorsi.
La famiglia degli squali comprende tantissime specie, molte di queste sono a rischio estinzione e dovrebbero essere tutelate. Invece, tra cambiamenti climatici, disastri ambientali provocati dall’uomo, caccia indiscriminata, questi poveri animali marini sono minacciati di continuo. E ora sono state rinvenute tracce persino nel cibo di cani e gatti domestici.
Tracce di squalo negli alimenti per animali domestici, come è possibile?
Lo studio, condotto dalla Yale NUS College di Singapore e pubblicato qualche mese fa sulla testata Frontiers in Marine Science, ha sconvolto tutti, ricercatori e lettori. In questo caso, in laboratorio sono stati analizzati 45 prodotti di cibo per animali domestici, appartenenti a 16 marche popolari. Le marche, però, non sono state divulgate, perciò non sappiamo di quali si possa trattare.
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Potrebbero essere anche marchi distribuiti in Europa e in Italia, e per questo motivo bisogna sempre leggere bene le etichette al momento dell’acquisto. Dai risultati in laboratorio è emerso che circa un terzo dei campioni sequenziati hanno presentato tracce di squalo, soprattutto relative alle specie di:
- Squalo seta
- Pinna bianca
- Verdesca
Si tratta di specie a rischio, tutelate dalla legge, e il fatto che siano state rinvenute tracce del loro DNA nel cibo per gatti e cani è un qualcosa di allucinante. Ma come è possibile? Anche i ricercatori sono rimasti basiti. Tuttavia, gli stessi mettono in guardia: bisogna leggere bene le etichette e diffidare nel caso in cui si dovessero trovare scritte generiche, quali “pesce bianco”, “pesce d’oceano” o “esca bianca”.
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Si tratta di definizioni generiche e poco chiare, una terminologia che fa riferimenti poco trasparenti a specie marine non identificabili. Quando si acquista un prodotto del genere, l’unico modo per non contribuire alla pesca illegale di questi pesci, è quello di fare attenzione. L’etichettatura scorretta confonde i consumatori e non è rispettosa dell’ambiente e delle leggi in vigore in tutto il mondo.