Energie rinnovabili e transizione ecologica sono all’ordine del giorno sul tavolo del governo: vediamo il punto secondo il Ministro
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Energie rinnovabili e transizione ecologica sono la sfida più importante di questo secolo. Sappiamo tutti che la Terra si sta surriscaldando e la temperatura media è salita di 1,2 gradi rispetto al periodo tra il 1950 e il 1980. Il riscaldamento globale causa lo scioglimento dei ghiacci e l’innalzamento del livello dei mari, oltre a innescare i cambiamenti climatici disastrosi noti a tutti.
La comunità scientifica è coesa nell’attribuire la causa alle emissioni antropiche di gas il principale dei quali è l’anidride carbonica e la maggior parte proviene dal settore energetico. L’accordo internazionale fra i paesi del mondo ha promosso l’impegno di arrivare alla Carbon Neutrality entro il 2050. Per fare questo lo strumento è la transizione energetica, il passaggio da un mix energetico derivato dai combustibili fossili a quello a emissioni zero.
L‘Italia risulta essere al quint’ultimo posto in Europa per autonomia energetica, ma sfruttando adeguatamente le proprie materie prime rinnovabili di cui ha abbondanza come acqua, sole e vento potrebbe risalire velocemente la classifica. La disponibilità di risorse rinnovabili sul proprio territorio potrebbe triplicare l’indipendenza energetica del nostro paese.
Il Ministero della Transizione Ecologica è il ministero più discusso del governo Draghi, anche perché centrale rispetto al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il Ministro Roberto Cingolani ha sempre posto l’accento sulla tecnologia, sulla robotica e sull’intelligenza artificiale considerandole le migliori alleate per favorire l’adozione di nuovi modelli, ma si è schierato dalla parte del nucleare di nuova generazione.
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Il nuovo Ministero MiTe, nato al posto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, si è concentrato più sulle questioni energetiche che sulla tutela del patrimonio paesaggistico del nostro Bel Paese. Complice la situazione creatasi con la guerra in Ucraina e l‘aumento dei prezzi delle materie prime energetiche, l’attenzione era tutta lì.
L‘Italia è rimasta indietro rispetto agli altri paesi europei sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, soprattutto rispetto agli obbiettivi previsti dalla direttiva RED II. L’Università del Politecnico di Milano ci avverte che nel 2021 abbiamo aumentato di poco la nostra capacità produttiva di fonti rinnovabili.
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Purtroppo mancano ancora da parte del MiTe i decreti attuativi rispetto alla direttiva RED II sull’aggiornamento dei meccanismi di misure e incentivi. Fermi dunque i bandi che sbloccherebbero i 2,2 miliardi di euro a sostegno dello sviluppo delle comunità energetiche rinnovabili. Poco incisiva dunque la politica e l’azione governativa a favore delle rinnovabili e a tutela dell’ambiente. Il Ministro Cingolani ha emanato 82 provvedimenti per complessivi 9,3 GW che saranno messi in esercizio alla fine del 2022.