L’ingegneria che cerca di adattarsi all’ambiente esiste. La trovata innovativa consiste in ponti che fanno tutt’uno con la natura diventando parte di essa.
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L’ingegneria che rispetta l’ambiente esiste. E’ ergonomica nel suo adattarsi perfettamente al panorama naturale senza arrecare alcun tipo di disturbo agli esseri viventi del mondo vegetale.
Queste strutture di fatto non sono prodotto dell’attività antropica poiché sono esse stesse costituite da piante e organismi viventi vegetali di diversa specie. Per lo sviluppo di simili costruzioni sono tuttavia necessarie particolari condizioni.
Ponti viventi: una soluzione applicabile nelle nostre città
La tradizione architettonica da cui proviene l’innovazione è made in India. Nella nazione dell’Asia meridionale, precisamente nella zona nord-orientale dell’India, fiumi, torrenti e dirupi vengono “guadati” grazie a dei ponti completamente naturali. La costruzione di simili strutture richiede anche decenni, ma la durata garantita è di almeno un secolo, nella maggior parte dei casi.
Ma cosa si intende per “ponti viventi” o “naturali”? Questi sono dei veri e propri ponti costituiti interamente da radici aeree di piante tipiche del continente asiatico. In particolare le più adatte al compito sono la Ficus elastica e l’albero della gomma. Il territorio maggiormente interessato da questo tipo di innovazione è il Meghalaya.
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Questa zona è infatti caratterizzata da un tasso di umidità elevatissimo soprattutto durante la stagione dei monsoni. In questo periodo è praticamente impossibile attraversare a piedi i corsi d’acqua e la popolazione autoctona si è equipaggiata a dovere dando alla luce questi futuristici sistemi di collegamento che sfruttano le piante locali.
Le radici delle piante tropicali sono estremamente resistenti e capaci di collegare, ancorate in profondità, gli argini di fiumi e dirupi. Come funziona il processo di costruzione? Nel momento in cui la pianta sviluppa le sue prime radici aeree, queste vengono subito avvolte attorno ad una struttura in bambù o a larghe foglie di palma che facciano da scheletro.
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Col passare degli anni le radici fortificano e aumentano di volume sino a resistere al carico e costituire dei veri e propri ponti. La tecnica potrebbe essere replicata anche nei contesti urbanizzati nelle società occidentali non solo per salvaguardare il verde ormai quasi completamente distrutto da colate di asfalto e cemento.
Adottare questa tecnica di collegamento consentirebbe di abbassare le temperature estreme che si verificano nei periodi più caldi dell’anno in quasi tutte le città, ormai invivibili in estate. Alcuni ricercatori stanno già prendendo appunti e riproduncendo dei modelli in 3D degli stessi ponti basandosi sulle tecniche degli indegini del territorio del Meghalaya.