Tre parole che per molti, soprattutto in ambito culinario, sono sinonimo di qualità e garanzia. Ma spesso questo è falsificato
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In Italia il cibo è simbolo di garanzia e qualità. Una qualità che viene ricercata anche all’estero quando vengono acquistati. Bastano poche parole per ispirare fiducia e sicurezza: made in Italy. Ovvero prodotto in Italia. Un marchio affibbiato a tutti quelli alimenti che sono, o almeno così dovrebbero, essere fatti nel Bel Paese.
Il made in Itay indica e garantisce la qualità di un prodotto tipico e realizzato in Italia. Pensando ai prodotti alimentari rientrano, per fare alcuni esempi, il pesto, il parmiggiano reggiano, la mozzarella o, anche il gorgonzola. Prodotti tipicamente italiani che però vengono contraffatti e spacciati per italiani. Una vera e propria falsificazione.
Cibo italiano contraffato: giro milionario
Una falsificazione che si basa proprio su queste tre parole “made in Italy” che inducono il consumatore, italiano o estero, all’errore con la convinzione di comprare un prodotto originale e di qualità, quando in realtà si sta acquistato un alimento contraffatto. E la colpa alla fine ricade proprio sulla presenza di questi termini che risultano, dunque, falsi anche loro.
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E i numeri sono terribili. Infatti secondo quanto stimato da Coldiretti, la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana, all’estero ben due prodotti su tre presenti nei supermercati riportati come italiani, in realtà sono falsi. Ma ciò, purtroppo, non avviene solamente al supermercato. Infatti la contraffazione è presente anche per strada, nei mercati pubblici, per prodotti venduti per corrispondenza o su internet. E la colpa di questa contraffazione di chi è? Il principale responsabile è, purtroppo, la globalizzazione che coinvolge sia i Paesi ricchi che quelli più poveri.
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Ma come si può ostacolare questa contraffazione di prodotti spacciati per italiani salvaguardando il marchio “made in Italy”? Risulta fondamentale che venga tutelato il valore della trasparenza dell’informazione. Un processo che coinvolge sia le etichette che le fiere. E non si può dimenticare che se tutti i prodotti made in Italy avesseo davvero tutti una provenineza italiana, l’export agroalimentare avrebbe un’importante incremento passando da 50,1 miliardi fino a toccare i 130.