Amazzonia, cosa succederà al polmone verde nei prossimi anni. Le stime sono spaventose

La foresta amazzonica conosciuta come il polmone verde del mondo è, spesso, al centro di studi che la vedono in continuo pericolo

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Uno scorcio della foresta amazzonica (Foto di Mario Schwammborn-Pixabay)

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L’Amazzonia è una vasta regione geografica del sud-America caratterizzata da una foresta pluviale, detta foresta amazzonica. Questa ricopre gran parte dell’omonimo bacino, estendendosi su una superficie di sei milioni di chilometri quadrati suddivisi in nove Paesi.

La maggioranza, circa il 60%, si trova in Brasile; un altro 13%, si trova in Perù, il 10% in Colombia e parti più piccole in Venezuela, Ecuador, Bolivia, Guyana, Suriname e Guyana francese. Quattro di questi paesi sono appunto denominati Amazonas.

Le stime allarmanti per i prossimi anni per il polmone verde del mondo

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Amazzonia (Fonte foto: Pinterest)

Nota anche come Polmone verde della Terra per la sua estensione e importanza, è la seconda foresta dopo la taiga russo siberiana o foresta boreale. Costituisce più della metà delle foreste tropicali rimaste al mondo e ospita una biodiversità maggiore di qualsiasi altra.

Cosa sta succedendo in questo luogo a causa dei cambiamenti climatici e cosa si prevede che accadrà? Vi sono molti studi al riguardo e anche conclusioni differenti. Si parla di tipping point, ossia i punti di non ritorno.

E’ un concetto che può essere applicato anche al sistema climatico. Sono delle soglie critiche, che una volta superate possono causare cambiamenti di grande ampiezza all’interno dell’ ecosistema.

Ne esistono di vari tipi, dalle foreste alle calotte glaciali e vengono raggiunti quando alcuni fenomeni legati alle attività dell’uomo ed alle loro conseguenze sul riscaldamento climatico diventano irreversibili. E causano, a cascata, un’altra serie di importanti ripercussioni sugli equilibri complessivi.

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L’ultimo rapporto dell’Ipcc ritiene poco probabile un totale collasso dell’ecosistema amazzonico una volta oltrepassata la soglia critica. Questa tesi è avvallata da molti altri studiosi. Ma, al contrario, l’università di Exeter, sostiene l’ipotesi del deperimento di questa foresta.

Non andrà incontro a uno sfaldamento complessivo, fin qui sono d’accordo con gli altri, ma a macchia di leopardo. Si tratterà cioè, di eventi localizzati, non di un unico sviluppo, che avranno un impatto molto profondo sulle comunità locali e sull’ecosistema.

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Cinque dei sette modelli analizzati, mostrano situazioni di brusco deperimento per il riscaldamento globale. Stimano che per ogni grado oltre l’1,5°C, fino al 12% dell’Amazzonia settentrionale subirà una repentina riduzione del carbonio della vegetazione.

In questo quadro ha un ruolo importante la mancanza di acqua, coerente con le stagioni secche più estreme. E’ un processo in atto da più di 100 anni e che continuerà nel tempo visto l’andamento attuale. Questo è motivo di ulteriore preoccupazione, che porta a pensare al collasso dell’Amazzonia come una possibilità reale.

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