A seguito delle recenti proteste in Iran per i diritti umani, sono state ritrovare numerose cartucce made in Italy, come mai?
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Le proteste in Iran non accennano a placarsi, soprattutto dopo il caso Mahsa Amini, ragazza arrestata dalla polizia morale lo scorso settembre per non aver portato correttamente il velo e deceduta in carcere tre giorni dopo a causa di una emorragia cerebrale. La morte della giovane sarebbe diventata il simbolo della violenza contro le donne, e da allora si sono scatenate, in tutto il paese, diverse proteste.
A seguito di numerosi atti di repressione e immorali, sui cittadini in protesta sono piovute pallottole e cartucce made in Italy, prodotti dall’azienda italo-francese Cheddite. Le cartucce, recuperate tra le strade in otto città iraniane, appartengono tutte alla stessa azienda. Il ritrovamento, naturalmente, lascia tutti quanti a bocca aperta.
Ciò che lascia sbalorditi è il ritrovamento di questo tipo di cartucce, fabbricate in Europa, in Italia e in Francia. Ciò turba non poco, visto che secondo una legge del 2012, emanata proprio dal Consiglio dell’Unione Europea, è vietata l’esportazione di attrezzature militari di qualsiasi genere in Iran.
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Eppure, il ritrovamento delle cartucce Cheddite parla chiaramente, come fanno a trovarsi in questi luoghi? I rivestimenti delle cartucce hanno involucri di plastica e possiedono una base metallica con innesco che produce scintille. Secondo gli esperti, queste sarebbero giunte in Iran non direttamente, ma attraverso vie alternative, magari passando dalla Turchia.
Proprio nel 2011, l’Italia aveva passato alla Turchia più di 85 milioni di euro di cartucce. La Turchia potrebbe aver poi rivenduto i proiettili ai paesi limitrofi, ricevendo un incasso di quasi 10 milioni di euro. France 24 ha avviato un’inchiesta, cercando di reperire più informazioni possibili sia nella sede italiana che in quella francese della società Cheddite.
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Ad oggi, la società non si è ancora pronunciata. Intanto, in Iran proseguono le proteste. I cittadini non si fidano più delle istituzioni, neanche dopo le parole di apertura da parte del regime. Sono iniziati anche gli scioperi, con negozi chiusi e raduni in nome della libertà, per combattere la polizia morale, considerata immorale e violenta, da sciogliere immediatamente per violazione dei diritti umani.