L’Unione Europea vuole istituire un fondo sociale per il clima. Il motto è quello di “non lasciare indietro nessuno”, ma funzionerà? Vediamo di cosa si tratta.
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L’unione europea ha lle migliori intenzioni in fatto di transizione ecologica e filoambientalismo. Per ostacolare la crisi climatica ormai irreversibile si è pensato di istituire un fondo sociale per il clima.
L’idea è quella di non lasciare nessun paese indietro nel passaggio alla sostenibilità e alle fonti rinnovabili, nella, in buona sostanza, svolta green che sta investendo i continenti più inquinanti del globo (Europa, Cina e America).
Il fondo trova posto nell’ambito del progetto ETS, “Emission Trading System“, una specie di sistema che registra il mercato europeo e le relative emissioni di Co2. Ma vediamo nello specifico di cosa si tratta.
Fondo sociale per il clima: di cosa si tratta e cosa c’entra l’ETS
Il progetto ETS esiste già da qualche anno. In sostanza la registrazione delle emissioni di Co2 consente alle aziende maggiormente inquinanti di comprare quote da quelle più sostenibili e in questo modo pagare peghno per le proprie emissioni. Ad oggi questo sistema copre il 40% delle attività di mercato.
L’unione europea sta lavorando perà ad una integrazione per far sì che anche il settore dei trasporti navali, su strada e quello dell’edilizia rientri nel sistema di tassazione delle emissioni. Inoltre si sta lavorando ad una Carbon tax, una tassa da pagare a carico dei settori più inquinanti per poter garantire l’ingresso in Europa.
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Ma quale è lo scopo di questo sistema di tassazione? Uno scopo ben importante: quello di ridurre del 62% le emissioni di CO2 entro il 2030. C’è tuttavia un rischio, che i costi ricadano su microimprese, famiglie e utenti dei trasporti pubblici. Davanti a questa precisa criticità si inserisce il Fondo sociale per il clima.
Il fondo consiste in 86 miliardi di euro, raccolti grazie alla partecipazione di tutti i paesi dell’unione, che potranno essere utilizzati per interventi strutturali, come l’efficientamento energetico, l’energia pulita o gli aiuti diretti alle famiglie. Insomma, l’idea è quella di tamponare i possibili effetti collaterali di questa situazione di piena transizione mantenendo fermo il punto della necessità di una riduzione di emissioni.
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Questi aiuti verranno erogati sotto forma di bonus, incentivi fiscali o prestiti a zero interessi. Ci sono tuttavia dei punti dolenti: l’accordo non è ancora vincolante e il fondo non sarà attivo prima di tre anni a questa parte, non prima, quindi, del 2026. Nell’attesa che l’attesa si riduca cerchiamo già dalle nostre azioni quotidiane di ridurre il nostro impatto su questo povero pianeta.