La nuova frontiera della scomposizione dei rifiuti arriva con il riciclaggio enzimatico, in grado di scomporre e riciclare anche il PET più difficile.
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Il riciclaggio enzimatico cambia le carte in tavola, attuando una rivoluzione del riciclo del materiale più difficile, in particolare della plastica. Nuovi studi confermano il perfezionamento di questa tecnica futuristica, in grado di scomporre e di riciclare perfetamente il PET, ossia il polietilene tereftalato, materiale difficilissimo da degradare.
Il PET è un materiale utilizzato in tantissimi tessuti e in molte bottiglie di plastica. Brevettato nel 1940, quello che sembrava un’invenzione geniale e risolutiva per molteplici problemi, è diventato il problema stesso dell’intero pianeta. Un materiale praticamente indistruttibile, efficiente, dalle caratteristiche uniche, di cui è difficile sbarazzarsi.
Riciclo e scomposizione dei rifiuti in plastica: la nuova tecnica
Arriva, dunque, una nuova tecnologia di riciclaggio, più avanzata delle altre, ma anche meno dispendiosa. I ricercatori della National Renewable Energy Laboratory (NREL) confermano la sperimentazione di nuove tecniche, capaci di riciclare materiali che, fino ad oggi, non si riescono a recuperare. Una tecnica basata sugli enzimi progettati per depolimerizzare il PET.
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Servono molte risorse per portare a compimento la sperimentazione, ma il riciclaggio enzimatico sarà il futuro del mondo. Se il PET oggi finisce in discarica perché difficile da riciclare, le cose stanno cambiando per sempre. Sulla testata Nature Communications, si legge un articolo che indaga proprio sulla scoperta dei ricercatori del NREL.
I risultati della sperimentazione sono promettenti, gli enzimi scompongono il PET in modo semplice, riciclandolo senza spendere troppi soldi. Ciò abbatte i costi della raffinazione del petrolio, quindi non solo è più ecologico, ma anche più economico. I primi studi sugli enzimi nel campo del riciclo risalgono al 2005. Da allora, di strada ne è stata fatta.
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La causa della scomposizione della plastica deriva dall’azione di un batterio, chiamato Ideonella Sakaiensis, capace di spezzare i legami chimici che caratterizzano il PET. Con questa tecnica e grazie all’aiuto di questo batterio, si riesce a riciclare il 98% del PET prodotto. Restano anche alcuni problemi, ma i ricercatori sono fiduciosi. Intanto, questa è una rivoluzione in grado di riciclare la plastica più difficile e di abbattere del 38% le emissioni inquinanti.