Addio ai voucher in agricoltura: dal 2023 si cambia. Il governo ha deciso per una misura sperimentale che prevede uno speciale contratto
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Sono stati uno strumento prezioso per lavoratori e datori di lavoro del mondo dell’agricoltura. A lungo criticati, si apprestano ad uscire, almeno per ora, di scena. Parliamo dei voucher in agricoltura che per il momento sono stati aboliti dalla nuova finanziaria varata dal governo Meloni. Si passa, infatti, ad un contratto di lavoro vero e proprio.
Se prima, infatti, i voucher, “buoni” di pagamento per prestazioni occasionali, venivano usati per retribuire chi in modo discontinuo e saltuario lavorava in agricoltura, in particolare in modo stagionale per la raccolta di frutta e verdura, ora si cambia e si passa ad un contratto di 45 giorni, una misura sperimentale che sarà usata per il biennio 2023-2024. Vediamo di cosa si tratta e tutti i dettagli nel nostro approfondimento.
Voucher in agricoltura addio, arriva il contratto di lavoro occasionale
Si chiama “lavoro occasionale a tempo determinato” cel periodo massimo di 45 giorni che si può dedicare al mondo dell’agricoltura e che sarà regolato da un contratto della durata massima di 45 giorni lavorativi, appunto, da svolgersi nell’arco di un intero anno. È questo il nuovo strumento che le imprese agricole hanno a disposizione per inserire in azienda uno o più persone in caso di necessità per il lavoro stagionale.
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Chi può essere assunto secondo queste linee? Le persone che non hanno avuto un rapporto ordinario di lavoro subordinato in agricoltura negli ultimi tre anni, ad eccezione dei pensionati. Questo tipo di contratto può essere proposto alle persone disoccupate, ai percettori di ammortizzatori sociali o anche del reddito di cittadinanza, come pure agli studenti sotto i 25 anni e ai detenuti che hanno i permessi per lavorare all’esterno delle strutture circondariali.
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Lo strumento è dunque nuovissimo ed il governo, a quanto pare, starebbe pensando di predisporre una sola busta pagata per tutta la durata della prestazione lavorativa. Dal canto loro, le aziende, sono tenute a ricevere da parte del lavoratore un’autocertificazione nella quale si attesta la propria condizione lavorativa. Dopo aver sottoscritto il contratto, sono invece, le aziende che devono comunicare la sottoscrizione al centro per l’impiego di riferimento.