È dagli anni ’80 che si parla di buco dell’ozono e della necessità della sua chiusura, ma a che punto siamo arrivati?
PER TUTTI GLI ALTRI AGGIORNAMENTI SEGUICI SU INSTAGRAM
A partire dagli anni ’80 si è incominciato a parlare di buco dell’ozono. Lo si sentiva nominare a scuola, durante le lezioni, e nei telegiornali. Talvolta, anche nei film. Poi, a partire dai primi anni 2000, ce ne siamo quasi dimenticati, sommersi da altri problemi ambientali. Ma oggi, nel 2023, a che punto siamo: quando ci sarà la chiusura del buco dell’ozono?
Il recente congresso ambientale da parte dell’ONU ha esaminato varie problematiche affrontate dal pianeta. Si è parlato anche del buco dell’ozono che, secondo gli scienziati, dovrebbe chiudersi tra il 2040 e il 2066. Ma che cos’è il buco dell’ozono e da cosa dipende questo temibile fenomeno? Facciamo un bel ripasso generale.
Chiusura del buco dell’ozono, come sarà possibile?
Il report fornito dall’ONU di recente mette in evidenza un dato positivo in merito alla chiusura del buco dell’ozono. Questa dovrebbe avvenire tra il 2040 e il 2066. Gli ultimi punti a rimarginarsi dovrebbero essere quelli sospesi sui due Poli. Quindi il Polo Nord e il Polo Sud, che sono le due zone più colpite della Terra. Ma che cos’è questo buco di cui si parla da circa 40 anni?
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE → E’ comparsa sul Sole: enorme macchia 4 volte più grande della Terra
Si tratta dello strato di ozono che circonda la Terra e che fornisce una protezione dagli agenti esperti nello spazio, tra cui i raggi solari. Il pianeta è circondato dall’atmosfera, questa è composta da vari strati, e tra questi c’è l’ozonosfera, dove si concentra l’ozono, appunto. L’ozonosfera è lo strato più esterno dell’armosfera, seguito dalla stratosfera e poi dalla troposfera.
L’ozono è un gas serra in grado di filtrare i raggi solari e di trattenere il loro calore, rendendo vivibile la Terra. Se non ci fosse questo strato, i raggi solari brucerebbero, inoltre si vivrebbe a temperature glaciali. Ma come si è originato questo buco? Si sono generate delle lacerazioni nello strato protettivo, degli squarci nello strato, dovuti ai composti chimici prodotti dall’industria specializzata nel freddo e dalle bombolette spray di una volta.
Lotta i CFC per chiudere il buco dell’ozono
Quindi, frigoriferi, condizionatori, i quali rilasciavano i clorofluorocarburi (CFC). Quando i CFC salgono nell’atmosfera, a contatto con i raggi del sole, originano una reazione, sprigionando molecole di cloro. Cloro e azoto scompongono l’ossigeno, innescando una reazione a catena, risucchiando lo strato di ozono. Negli anni ’80 si iniziò a parlare di questo problema.
I raggi solari, a quel punto, facevano paura, c’era il rischio di ustioni e di tumori alla pelle, perciò, nel 1987, giunse il Protocollo di Montréal. Iniziò da allora la lotta ai CFC che, progressivamente, ridusse i danni. Nel giro di pochi anni, i buchi dell’ozono si ridussero notevolmente, fin quasi a chiudersi del tutto. Tra una ventina di anni, la maggior parte de buchi sarà completamente chiusa.
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE → Gli impollinatori diminuiscono, le conseguenze sono tragiche
Tuttavia, il buco dell’ozono è solo una minima parte dei cambiamenti climatici provocati dalle attività antropiche. Occorre concentrarsi, tutti insieme, sui danni che stiamo apportando al nostro pianeta. Solo un’azione sinergica e una presa di coscienza concreta riuscirà a salvarci dalla crisi climatica.