La svolta, si intende, è di portata storica. Il paese sud-americano, nonostante la natura controversa della tematica a livello internazionale, ha effettivamente sancito lo stop alle autorizzazioni per l’estrazione di greggio e gas sul territorio. Un bell’esempio di parole seguite da azioni e fatti supportati dal potere esecutivo del governo.
Le riserve di petrolio e gas saranno disponibili fino al 2037, questo dato è quello che ha concesso lo stop tassativo alle autorizzazioni. Forse la data è un po’ troppo al di là rispetto al 2030 fissato dall’agenda europea. Il presidente, Gustavo Pedro, ha parlato di un parallelo impegno del governo in investimenti economici sulle fonti rinnovabili rinnovabili di energia, in special modo nel settore idroelettrico.
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Altro settore irrorato da risorse economiche sarà quello del turismo, in questo modo, spiega il presidente, si potrà colmare ampiamente il vuoto lasciato dal commercio di petrolio. Il capitalismo, ha sottolineato, ha la necessità di superare questi carburanti che da sempre alimentano il potere di un’economia ormai obsoleta e nociva.
Ma non è tutto oro ciò che luccica. Stando ai dati dell’EIA (United States Energy Information Administration), la Colombia nel 2021 è stata la quinta esportatrice di greggio in direzione USA segnando una media di 198.000 barili di petrolio al giorno. Se questo è vero, e certamente lo è, è innegabile che quello dell’autonomia dai combustibili fossili non sarà affatto un passaggio semplice per la nazione.