Vecchi pozzi petroliferi “riciclati”: come nasce la batteria geotermica

Una delle fonti rinnovabili per la produzione di energia, ancora poco utilizzate, proviene dal calore prodotto dalla Terra

vecchi pozzi petrolio riciclati come nasce batteria geotermica
Pozzo dismesso-Pixabay-OrizzontEneegia.it

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Di modi per produrre energia da fonti rinnovabili, oramai siamo degli esperti. Ne esiste uno altrettanto valido, ma poco conosciuto, ed è quello del geotermico. L’energia geotermica sfrutta il calore presente naturalmente nel sottosuolo. E viene rilasciata naturalmente dal decadimento nucleare di elementi radioattivi quali uranio, torio e potassio.

Sono elementi presenti nelle rocce che fanno sì che la temperatura aumenti, partendo dalla superficie terrestre verso il centro della Terra, secondo un gradiente geotermico, che varia in base alle rocce presenti. L’aspetto positivo è che, questo tipo di energia, è sempre presente e non segue nessun tipo di ciclicità tipica, al contrario, dell’energia solare.

Può essere utilizzata sia come fonte per la produzione di energia elettrica che come fonte di calore. Il processo utilizzato è quello della cogenerazione. Un metodo utilizzato per la prima volta agli inizi del ‘900 dall’italiano Piero Ginori Conti, il quale sperimentò il primo generatore geotermico in Toscana.

Quello fu l’inizio. In seguito cominciarono a costruire delle vere e proprie centrali geotermiche. Oggi è un’energia rinnovabile ancora poco sfruttata, ma, forse, non ancora per molto. Grazie, infatti, alla professoressa di ingegneria civile e ambientale Tugce Baser, potrebbe esserci una svolta significativa in tal senso.

Una svolta importante nel campo delle rinnovabili

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Pozzo-Pixabay-OrizzontEnergia.it

La professoressa ha guidato la prima dimostrazione utilizzando un vecchio pozzo petrolifero abbandonato, per produrre energia geotermica. L’esperimento è avvenuto in un bacino abbandonato nell’Illinois. Nel secolo scorso, da questo bacino molto attivo, erano stati estratti circa 4 miliardi di barili di petrolio.

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In questo sito, in realtà, non ci sono sorgenti ad alta temperatura, ma, sembra, che le sue formazioni geologiche abbiano le giuste proprietà per poter realizzare alcuni serbatoi geotermici artificiali. La studiosa ha spiegato, inoltre, che la zona è ricca di materiale roccioso spugnoso e di minerali, inseriti tra alcuni strati isolanti, e che possiedono la giusta conducibilità termica.

Il bacino può essere, quindi, annoverato come una potenziale batteria termica naturale. Gli scienziati hanno iniettato dell’acqua preriscaldata a 50°C a 900 metri sotto la superficie del luogo dove hanno eseguito l’esperimento. In seguito hanno monitorato i cambiamenti avvenuti quali la pressione, le condizioni termiche ed idrauliche.

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Il monitoraggio è proseguito per 5 giorni. Al termine si è potuto vedere che, combinando anche altri modelli di simulazione, il processo può sostenere un’efficienza di accumulo termico dell’82%. Lo studio, pubblicato su Renewable Energy mostra che i fluidi estratti, con un periodo di ricarica di 90 giorni, potrebbe generare 5.74 MW di potenza elettrica.

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