La lana più cara al mondo? Non è il cashmere! Ti sveliamo il filato leggero, soffice e caldissimo che ha prezzi alla portata di pochi eletti
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La lana più cara al mondo? Molti penseranno al cashmere ma non è così. Considerata da sempre uno dei filati più pregiati e lussuosi per via delle sue fibre così morbide da sembrare seta, non è lei che si aggiudica il primato mondiale in fotto di soldi. C’è, infatti, al mondo un altro filato che ha dei prezzi assurdi.
Quella grezza è venduta a 300 dollari al chilogrammo mentre gli abiti già finiti arrivano anche a 40mila dollari. Cifre stratosferiche e che solo in pochi possono permettersi con il rovescio sconvolgente di mettere in serio pericolo gli animali dai quali la lana si ricava. Proprio loro da super venerati nell’antichità hanno vissuto periodi atroci.
Lana più cara al mondo? Quella di un animale che ha sofferto tanto
Si tratta delle vigogne. Sono loro gli animali che regalano la lana più cara al mondo. Un filato fine, morbido e leggero ma anche eccezionalmente caldo, così tanto che permette di resistere al freddo delle Ande. Croce e delizia per questo animale che se da un lato è venerato in Perù così tanto da essere riproposto sulle monete, sulla bandiera e sullo stemma, dall’altro per la sua lana ha vissuto un vero massacro. La maggior parte delle vigogne, infatti, si trova proprio in Perù, come anche Argentina, Bolivia, Cile ed Ecuador.
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La vigogna, camelide a metà tra un lama e un alpaca, nel corso della dominazione Inca era un animale venerato così tanto da fissare il divieto di uccisione. In quel territorio si arrivò così a contare circa due milioni di vigogne. Un grande sogno che fu infranto e completamente distrutto dai conquistadores spagnoli che nel Cinquecento quando invasero il Perù e scoprirono la preziosa lana, ne decretarono un rovinoso tracollo. Innamorati di quella che definirono la “seta del nuovo mondo”, sterminarono tantissimi esemplari con una tecnica che si protrasse per secoli.
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A metà del Novecento si contavano solo 10mila esemplari di vigogne. Nel 1976 la svolta quando a Washington, la CITES (Convenzione internazionale ONU che regola il commercio di animali e piante in pericolo), pose fine al massacro decretando la specie sottoposta a massima protezione e vietando ogni tipo di sfruttamento. Oggi però in Perù e in Cile si considera la vigogna ancora una specie minacciata.