L’arcobaleno ci riporta indietro con la memoria alla ricerca della famosa pentola piena di monete d’oro, ma per alcuni è sinonimo di calamità
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Gli arcobaleni, quando compaiono in cielo, ci fanno rimanere con il naso all’insù ad ammirarlo a lungo. Gli scatti fotografici, in particolare oggi con gli smartphone, sono quasi d’obbligo. E, da bambini, la favola che ricorreva di più era quella dello gnomo seduto accanto alla sua pentola piena di monete d’oro posta proprio alla fine dell’arcobaleno.
Per molte altre tradizioni, al contrario, vedere un arcobaleno non è sinonimo di bellezza, ma di catastrofe. Ed è quanto sembrerebbe in linea con quanto ci dimostra uno studio scientifico. Da una semplice domanda, se cioè il cambiamento climatico influirà sulla formazione degli arcobaleni, la dottoressa Carlson, professoressa di scienze ambientali alla New York University, si è resa conto di non essere in grado di fornire una risposta.
Dopo aver posto la questione ad alcuni colleghi climatologi, è stato formato un team di studenti per indagare a fondo e trovare una risposta. Come riporta il sito di National Geographic Italia, la dottoressa ha affermato che:
“Il cambiamento climatico sta influenzando la formazione degli arcobaleni: ora sappiamo che è così”
Anche gli arcobaleni, secondo alcune ricerche, appariranno meno in alcune zone e più in altre
Utilizzando alcuni modelli computerizzati e simulando le future condizioni che portano alla formazione di tali fenomeni, sembrerebbe che in futuro potremo vedere molti più arcobaleni di quanti ne vediamo oggi. Poichè il clima sta diventando sempre più piovoso, in alcune parti del mondo in particolare, si avranno le condizioni ideali per la loro formazione.
Nelle zone, invece, che, sempre secondo le previsioni, diventeranno più secche, allora sarà sempre più raro vederli colorare i nostri cieli. Raymond Lee Jr, esperto di ottica e meteorologia presso l’Accademia Navale degli Stati Uniti di Annapolis, nel Maryland afferma che:
“Gli arcobaleni sono come le erbacce: spuntano ovunque, piccoli o grandi, luminosi o a volte quasi invisibili. La formula di base per poterne vedere un segmento naturale, è avere della pioggia illuminata dal Sole”.
I ricercatori hanno, quindi, cercato in un sito web di fotografie quelle con il tag arcobaleno. Dovevano provenire da tutto il mondo e pubblicate negli ultimi 10 anni. Le hanno poi abbinate a quei luoghi che presentavano le condizioni climatiche giuste, avere, cioè, la giusta quantità di pioggia e il cielo quasi privo di nuvole.
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Hanno potuto rilevare che i modelli risultavano corrispondenti alle osservazioni. Questo dimostrava che potevano essere utilizzati per prevedere il manifestrarsi degli arcobaleni. La dottoressa, da quanto riportato su National Geographic Italia, ha spiegato che:
“I modelli prevedono un aumento notevole di questi fenomeni in Russia, Canada, Alaska e in punti ad altissima quota, come l’altopiano dell’Himalaya”.
Mentre, le zone del Mediterraneo e delle isole potrebbero vedere questo spettacolo della natura molto più raramente rispetto ad oggi. Le dinamiche presentate sembrerebbero seguire il cambiamento climatico che staimo vivendo in questo ultimo periodo. Nelle zone artiche, infatti, ciò che oggi è ghiaccio, in futuro potrebbe essere sempre di più pioggia.
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E la zona della foresta amazzonica, oggi un luogo che regala moltissimi arcobaleni colorati, in futuro potrebbe essere colpita da siccità. E la pioggia che la foresta si crea, a causa della continua riduzione della sua superficie, perderà questa capacità. Di conseguenza il fenomeno dell’arcobaleno potrebbe andare scomparendo o essere sempre meno visibile.