Crediti di carbonio, si aiuta davvero l’ambiente o è tutta una bugia

I crediti di carbonio introdotti dal Protocollo di Kioto stanno davvero aiutando l’ambiente o è solo l’ennesima bugia?

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Terra-Pixabay-OrizzontEnergia.it

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Produrre senza congestionare ancora di più il nostro pianeta è l’imperativo per tante aziende a livello mondiale. Per conoscere quanto, in effetti, stiano realmente facendo gli imprenditori per limitare i danni, il Protocollo di Kioto, nel 2005, ha introdotto i crediti di carbonio. Confermati dagli Accordi di Parigi nel 2015, sono incentrati su obiettivi globali ben precisi e condivisi dai vari Stati.

Tali obiettivi prevedono città e comunità sostenibili, lotta ai cambiamenti climatici, impiego di energie rinnovabili, consumo responsabile e protezione della natura tutta. In sostanza, il credito certifica qualsiasi genere di autorizzazione la quale rappresenta il diritto di emettere una tonnellata di anidride carbonica o di un gas serra equivalente.

Il funzionamento di tali crediti prevede, innanzitutto, la misurazione delle emissioni che un’azienda produce. Quindi l’azienda stessa può intervenire riducendo le emissioni, per quanto possibile, quindi convertire ciò che rimane in crediti. Enti esterni creati ad hoc, li certificano e i vari livelli di certificazione dovrebbero favorire la decarbonizzazione su scala mondiale.

Da una recente ricerca di SourceMaterial, The Guardian e Die Zei, sembrerebbe che le industrie continuano ad emettere anidride carbonica e, per compensare i danni, finanziano progetti di tutela. L’inchiesta sembrerebbe aver rilevato che i certificati, in molti casi, presentano progetti sovradimensionati.

In parole povere, un credito di carbonio è generato da chi sviluppa un progetto che poi si traduce in un’attività positiva per l’ambiente. La forma di progetto che un’azienda sceglie di più è quella che prevede la protezione di un tratto di foresta minacciata. In questo modo si impedisce che vengano abbattuti degli alberi e, di conseguenza, ci si assicura che il carbonio venga assorbito.

Tutelare l’ambiente attraverso l’acquisto dei crediti di carbonio, ma è davvero così?

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CO2-Pixabay-OrizzontEnergia.it

Naturalmente lo sviluppatore del progetto deve seguire determinati step per dimostarre che quel tratto di foresta sia davvero in pericolo. Il problema è che, in molti casi, è il progettista stesso a certificarlo e non un ente esterno. Può anche capitare che lo sviluppatore si appoggi a revisori esterni.

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Questi, una volta prese tutte le informazioni del caso, devono certificare che la metodologia seguita sia corretta. Il progetto viene, poi, approvato da un ente certificatore, il quale rilascia i crediti di carbonio e registra il progetto nel proprio database. Una volta registrato, l’ azienda può acquistare i crediti e una compagnia aerea, per esempio, può tranquillamente affermare di volare ad emissioni zero.

Ma l’ambiente così, non è affatto tutelato. Gli step, a volte, non vengono effettuati nel modo corretto. A cominciare dai revisori esterni chiamati dallo sviluppatore, i quali, non è detto, che assicurino che la metodologia seguita corrisponda alla realtà.

Barbara Haya, responsabile del Carbon Trading Project presso l’Università della California a Berkeley afferma che, in base all’inchiesta:

“Le aziende stanno facendo affermazioni false e convincendo i clienti che possono volare senza sensi di colpa o acquistare prodotti a emissioni zero quando non sono in alcun modo a emissioni zero”.

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L’analisi fino ad ora condotta mostra come le vendite dei crediti siano aumentate e dai 7 milioni di dollari del 2018, nel 2021 si è arrivati alla cifra di 41 milioni di dollari. E dimostra anche che di 29 progetti soltanto 8 hanno realmente ridotto le emissioni. Insomma, da queste ricerche emerge la necessità di una maggiore onestà e chiarezza.

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