Da oggi in poi guarderemo le nostre bellissime succulente in modo diverso, perchè in futuro potrebbero tornarci molto utili
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E se le nostre succulente fossero in grado di produrre qualcosa di veramente speciale? Già sappiamo che sono belle a vedersi. Sono semplici da coltivare. Alcune di loro depurano l’aria delle stanze della nostra casa. Amano il caldo, il sole, le irrigazioni abbondanti nei mesi caldi e la, quasi, siccità durante quelli freddi. Che altro?
Diciamo che , dopo aver letto lo studio di alcuni chimici e biologi dell’Israel Istitute of Technology, le guarderemo in modo diverso. Per una, in particolare, avremo un’attenzione speciale. Si tratta della Corpuscularia Lehmanni, una succulenta perenne che appartiene alla Famiglia delle Aizoaceae.
Originaria dell’Africa meridionale, presenta alcuni fusti con foglie colme di acqua che le donano un aspetto molto particolare. Le foglie ricordano molto la forma sferica di alcuni sassolini. Sono posti l’uno accanto all’altro ed hanno un colore verde molto scuro tanto da sembrare quasi blu.
Per coltivarla in vaso è sufficiente mescolare del terriccio con sabbia o ghiaia. In questo modo l’acqua non ristagnerà rischiando di rovinare le radici. Come la maggior parte delle succulente ama irrigazioni abbondanti durante la stagione calda. In inverno meglio sospenderle quasi completamente.
Se l’abbiamo in casa, curiamola con diligenza perchè, in futuro, potrebbe tornarci molto utile. Gli studiosi hanno appurato che la pianta, durante il normale processo di fotosintesi, la luce converte la CO2 e l’acqua metabolica in ossigeno e zucchero. Genera, così, un flusso di elettroni che, sembra, possano essere allontanati dalla cellula come fotocorrente riuscendo ad alimentare un circuito esterno.
Per verificare tale teoria i ricercatori hanno inserito un anodo di ferro e un catodo di platino in una delle foglie. Hanno potuto scoprire che la tensione generata era di 0.28V. Dopo averla collegata ad un circuito ed esposta alla luce, la Corpuscularia Lehmanni ha prodotto 20 µA/cm2 di densità di fotocorrente generando elettricità per oltre 24 ore.
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I numeri sono, certamente, contenuti, ma ricordiamo che l’esperimento ha visto l’uso di una sola foglia. Potrebbe essere che collegandone di più la tensione possa aumentare. Il team ha anche progettato una cella solare biologica ad hoc. La cella permetterebbe ai protoni all’interno della soluzione di combinarsi e formare idrogeno gassoso al catodo.
Questa operazione consentirebbe di raccogliere l’idrogeno e di utilizzarlo in un secondo momento. Si tratta, sicuramnete, di uno studio unico e all’avanguardia. Infatti, fino ad ora l’energia veniva raccolta dalle piante immergendole in una soluzione elettrolitica. Le succulente sono, per loro natura, ricche di acqua e, di fatto, non c’è bisogno di utilizzare la soluzione.
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Potrebbe essere che, in futuro, le nostre piantine grasse saranno in grado di diventare un’unità fotovoltaica vivente. Un ulteriore ed innovativo passo avanti nella produzione di energia rinnovabile. E, in questo caso, possiamo parlare di energia verde e rispettosa dell’ambiente in tutti i sensi.