UNOcean Teatry, l’accordo storico a tutela di tutti gli oceani: vediamo di cosa si tratta e le aspettative generate dal trattato internazionale
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La tutela del Pianeta in tutte le sue componenti è all’ordine del giorno dei tavoli governativi di tutto il mondo. La volontà comune della maggior parte dei paesi è quella di regolarizzare i comportamenti per proteggere territori, foreste, mari e di conseguenza tutti gli ecosistemi presenti sulla Terra. La compromissione di questi habitat sta causando problematiche che vanno a minacciare intere specie e la stessa vita sul Pianeta.
Da anni si discute e ci si confronta su tali tematiche ambientali che comprendono ogni aspetto che possa influire negativamente sull’equilibrio dei sistemi vitali naturali. Il contrasto al riscaldamento globale, al cambiamento climatico, all’innalzamento delle temperature e alle emissioni di CO2 non basta. Si deve anche pensare a strategie mirate su aree predefinite particolarmente a rischio.
Gli oceani sono fonte di cibo, producono ossigeno, regolano il clima e ospitano una ricca biodiversità. Rappresentano l’origine della vita e coprono i due terzi della superficie terrestre. La Terra è un “pianeta blu” e il 97% dell’acqua totale si trova nei mari. E’ notizia dell’ultima ora che gli Stati membri delle Nazioni Unite abbiano raggiunto un accordo sul primo trattato internazionale per la protezione dell‘Alto Mare.
L’obbiettivo è contrastare le minacce agli ecosistemi vitali per l’uomo e, dopo ben 15 anni di discussioni e negoziati sul tema, si è arrivati alla quadra. Per proteggere gli Oceani, un prezioso tesoro fragile e vitale che va a coprire oltre la metà del Pianeta, era necessario raggiungere un’intesa per istituire zone marine protette anche in Alto Mare. Si perché si doveva andare a tutelare le zone che vanno al di là delle giurisdizioni nazionali già regolamentate.
—>Oceani, si va incontro ad un trattato per poterli proteggere
L’obbiettivo è il 30×30, vale a dire proteggere il 30% degli oceani entro il 2030. Una svolta storica il trattato internazionale che va a tutela dell’Alto Mare, ignorato da sempre, rappresenta una larga fetta dell’intero pianeta. Assorbe una gigantesca quantità di CO2, limita il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici. Sono le zone che si trovano al di là delle aree economiche esclusive delle nazioni e quindi di nessuno. Ma in realtà sono di tutti e finalmente lo abbiamo capito.
A New York si è deciso, dopo due settimane di lavori, per il bene comune con una prevalenza del multilateralismo e degli sforzi mondiali per contrastare molte pratiche distruttive e minacciose per la salute dei mari. Un nuovo strumento per tutelare la preziosa biodiversità e tutti gli ecosistemi presenti e fondamentali per gli equilibri naturali di tutto il Pianeta.
—>Oceani troppo caldi, da 7 anni temperature in aumento: i rischi
Una protezione che dovrà essere garantita anche in quel tratto di mare considerato internazionale dove tutti erano liberi di pescare e fare ricerca. Ma è proprio in quelle zone zone che si cela la maggioranza delle specie oceaniche, con il 95% della biosfera del Pianeta. Protagonisti gli ecosistemi oceanici che assorbono l’anidride carbonica e producono circa la metà dell’ossigeno utile alla vita terrestre.
Bene dunque, l’arrivo di un accordo dal quale si determina la condivisione delle risorse genetiche presenti nell’Alto Mare. Ultima considerazione che emerge è la costituzione di una conferenza delle parti, la CoP, con il compito di verificare le rendicontazioni degli Stati Membri. Una nuova definizione dei confini di pratiche come la pesca, delle rotte commerciali e delle missioni esplorative.