Il 4 marzo scorso è stato raggiunto un accordo storico da parte dei membri Onu per la salvaguardia degli oceani, ma sorgono problemi legati alla pesca.
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Solo lo scorso 4 marzo, tutti i membri appartenenti all’Onu hanno preso l’impegno di salvaguardare gli oceani. Per l’occasione, è stato raggiunto un accordo storico, davvero importante, per la protezione del 30% degli oceani entro il 2030. Una percentuale che non accontenta pienamente gli ambientalisti, ma che è un primo passo per migliorare la salute dei mari.
L’obiettivo della Nazioni Unite è quello di tutelare i mari, i fondali marini e la biodiversità, favorendo il risanamento delle specie marine che sono a rischio estinzione. La prima legge condivisa, dunque, riguarda la pesca: sono state imposte limitazioni severe per questa attività. In alcune aree maggiormente delicate, indicate lungo le coste, è severamente vietata la pesca di qualsiasi animale. Ma non è tutto.
Le limitazioni decise dall’Onu ai danni della pesca: sorgono problemi
Sono state indicate le aree di divieto per la pesca, ma non solo, sono state anche decise le zone in cui limitare il transito delle navi e delle attività di esplorazione. Ci sono anche dei limiti per quanto riguarda l’estrazione di minerali dai fondali marini. Tuttavia, nonostante i divieti e le limitazioni decise da qualche giorno, non tutto è chiaro. Restano alcuni dubbi.
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Ad esempio, alcune delle aree oceaniche indicate dall’Onu permettono, ad oggi, l’estrazione dei minerali e il diritto alla pesca. Che cosa succederà? I permessi saranno revocati? Ci sarà uno scontro tra pescatori, settore ittico e Governi? Tra l’altro, l’accordo di una protezione oceanica del 30% è già una stima a ribasso, visto che fino a pochi mesi fa si era deciso di tutelare più del 40% degli oceani.
Insomma, dobbiamo accontentarci di salvaguardare il 30% dell’immensa distesa d’acqua sul pianeta. Una percentuale davvero bassa, ma che si spera possa aumentare nei prossimi decenni. Altro dubbio riguarda i permessi di pesca. Come si potranno monitorare le aree marine protette? Attraverso sistemi satellitari?
Insomma, questi nuove leggi sono molto astratte, inoltre le aree da tutelare scelte sono adiacenti alle coste. Qui si mette in difficoltà i pescatori, i quali saranno costretti a pescare in alto mare, esponendosi ad altri tipi di rischi e di problemi. Per pescare in alto mare occorrono navi più grandi, maggiore personale e costi delle materie più elevati.
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Ci si trova di fronte a un’arma a doppio taglio. A tal proposito, sono due i problemi: le coste ormai sono sfinite, offrono pochi pesci, data la forte attività degli ultimi anni. Il secondo problema riguarda proprio i pescatori, costretti ad allontanarsi dalle coste per pescare in luoghi fino ad ora protetti e ora a rischio. In definitiva, l’accordo dell’Onu presenta molteplici falle e, secondo gli esperti, andrebbe rivisto.