Fukushima, è scattato l’allarme in quanto il mare è radioattivo: perché e quali sono ora le conseguenze? Il focus per capire la situazione
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Tra gli ambientalisti ma non solo, tiene banco la decisione del governo giapponese di rilasciare in mare una grande quantità di acque reflue che arrivano dalla centrale nucleare di Fukushima, la città diventata tristemente famosa per il disastro nucleare. Sarebbero oltre un milione le tonnellate di acqua radioattiva che la società che si sta occupando dello smaltimento vorrebbe sversare nell’Oceano Pacifico.
La quantità da stoccare è enorme, tutta quella usata per raffreddare i reattori dopo il disastro. Per avere un’idea di quello che stiamo dicendo basta immaginare tutta l’acqua che serve per riempiere oltre 500 piscine olimpioniche che arriverebbe in mare tramite un tunnel sottomarino. A destare molta preoccupazione nell’opinione pubblica è il principale contaminante radioattivo presente: il trizio. Ma perché tutto questo è possibile? E quanto è preoccupante la situazione?
Fukushima, il mare contaminato: ecco cosa accade
Il governo giapponese ha approvato la manovra di Fukushima in quanto i livelli di trizio presenti nelle acque radioattive sono molto più bassi degli standard internazionali. Sette volte in meno del limite consentito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. La paura però per il mare e per la salute di tutti è che il trizio è difficile da rimuovere. Ad oggi, infatti, non esiste nessuna tecnologia in grado di eliminare il contaminante che viene smaltito non prima di 100 anni.
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Molto preoccupati sono anche i pescatori giapponesi che sottolineano che saranno proprio loro ad essere molto penalizzati con la loro attività. A lanciare l’allarme è anche Greenpeace che dice che ancora una volta il governo giapponese ha deluso i cittadini di Fukushima ignorando i rischi e le conseguenze di una tale esposizione delle persone a residui radioattivi.
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A prevalere è stata l’economicità e la facilità di eliminare l’acqua radioattiva scaricandola nell’Oceano Pacifico quando in realtà si poteva agire in modo molto più mirato e soprattutto sicuro per la salute. Era necessario, infatti, investire sulle tecnologie di cui oggi si dispone per ridurre al minimo la contaminazione e dunque i rischi. Secondo alcuni studi l’acqua radioattiva nel lungo termine potrebbe anche modificare il dna. A dirlo uno studio effettuato da Greenpeace Germania.