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Il ponte sullo stretto di Messina non è per niente sostenibile, i diversi motivi

Il ponte sullo stretto di Messina torna sul tavolo del governo attraverso l’approvazione di un decreto: vediamo di capire meglio le implicazioni

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Il ponte sullo Stretto di Messina torna al centro del dibattito politico e dell’intero paese. L’opera pubblica italiana più discussa degli ultimi tempi ha origini antiche e inaspettate. Addirittura ne parlavano già i Romani. A fine ottocento ci pensò Ferdinando II di Borbone, Re delle Due Sicilie, e da allora a scadenza regolare se ne continua a discutere.

Nel lungo corso della storia del progetto che interessa il collegamento tra Calabria e Sicilia, sono state fatte molte proposte e sono stati messi in campo numerosi studi di fattibilità sino ad arrivare ai giorni nostri. Nel 2020 si è ripresa una valutazione in merito all’opera e il 16 marzo 2023 viene approvato in Consiglio dei Ministri un decreto-legge che dispone il riavvio della procedura di progettazione esecutiva del ponte sullo stretto di Messina.

Le obiezioni

Ponte Messina-Facebook-collage OrizzontEnergia.it

Il progetto di un’opera di tali dimensioni, unica al mondo con una sola campata di 3.300 m, ha comportato da sempre numerosi confronti tecnico-scientifici tra esperti di tutto il globo. E da sempre si è palesata una intrinseca difficoltà dovuta alle effettive condizioni ambientali in cui dovrebbe realizzarsi la struttura. La zona in questione, inoltre, è una area considerata ad elevato rischio sismico, con tutti i limiti del caso.

L‘impatto ambientale è considerevole sia dal punto di vista delle importantissime aree protette presenti. Due Zone di Protezione Speciale e 11 Zone Speciali di Conservazione, poste a tutela di ecosistemi marini unici al mondo. Anche il cielo ne risentirebbe, attraversato come è da avifauna con un’altissima concentrazione di biodiversità.

Altro dato da tenere in considerazione è l’enorme costo totale derivante dalla realizzazione di quest’opera mastodontica che si calcola essere di 8,5 miliardi di euro. Il recupero di questi investimenti non sembra calcolabile in base al profitto che si genererà dai pedaggi dell’attraversamento di un ponte di breve percorso che sono imprevedibili.

Si obbietta inoltre che, viste le condizioni delle infrastrutture attuali dei trasporti sia in Calabria che in Sicilia, rimaste obsolete e ancora non elettrificate, sarebbe opportuno procedere all‘ammodernamento delle stesse e investire in questo settore tanto importante e strategico anche per il futuro del ponte.

Il tema divide e vede la ferma opposizione di tutte le associazioni ambientaliste a cominciare dal Wwf che la considera un’opera fallimentare con elevatissimi e insostenibili costi ambientali, sociali ed economici-finanziari. Il tormentone sul ponte sullo Stretto di Messina è dunque ricominciato per l’ennesima volta, innescando di nuovo una serie di seri dubbi sulla possibilità tecnica di costruirlo.

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