I contadini del nord Italia sono in rivolta, è scoppiata la battaglia per dissetare i terreni: la siccità in Pianura Padana costringe allo stop delle semine.
La siccità in Pianura Padana costringe allo stop delle semine, ma è guerra per l’acqua tra agricoltori e consorzi. L’acqua non c’è più, l’assenza delle piogge, sempre più prolungata, mette in ginocchio un settore intero. In particolare, a soffrire della situazione è gran parte del nord Italia, in Lomellina, nel Novarese, nel Vercellese, e così fino al Monviso.
La poca acqua che si ha a disposizione viene terminata subito, ed ecco che emerge la fragilità delle nostre infrastrutture, non preparate a una situazione del genere, mai accaduta nel recente passato. Colpa dei cambiamenti climatici, ma anche dell’assenza di un piano politico, con la costruzione di bacini di raccolta e di recupero dell’acqua.
In molti stanno addirittura vendendo i terreni e l’azienda agricola, a prezzi stracciati, perché non sanno più come tirare avanti. Numerose sono le bancarotte. In Pianura Padana, è scoppiata la guerra dell’acqua, e se gli agricoltori protestano e chiedono aiuti, i politici non sanno come comportarsi per riportare la situazione alla normalità.
Si stanno progettando nuovi invasi per dissetare i terreni, ma se l’acqua manca persino sui monti o nei laghi, questo lavoro serve a poco. Negli ultimi due anni è emersa l’estrema impreparazione della classe politica, nel far fronte all’emergenza climatica. Le risaie sono a pezzi, quest’anno avremo la metà del normale raccolto.
E continua a non piovere, o se piove, il cielo bagna la terra solo per poche ore, per poi smettere nei giorni successivi. I lavoratori, ogni mattina guardano il cielo, aspettando l’acqua che non arriva. La conseguenza è lo stop alle semine. I consorzi riducono l’acqua, cercando di dividerla in porzioni tra gli agricoltori, ma per alcuni campi non basta, e così li si lascia a secco.
La conseguenza è la perdita del raccolto e l’impossibilità di lavorare. Ma la guerra è anche tra gli agricoltori stessi, come denuncia un’imprenditrice agricola. Durante la notte, infatti, l’acqua si ruba, e occorre difenderla. Una situazione insostenibile. Se pensiamo che, causa siccità, gli ettari di riso coltivati sono passati da 218 mila ai 180 mila, come nel 1982, nel giro di un anno e mezzo.
Tra l’altro, in tanti smettono di coltivare riso, ma anche mais, che richiede ancora più acqua, puntando maggiormente sulla soia. L’obiettivo è quello di evitare la catastrofe dello scorso anno, ma ora che l’estate si avvicina, si teme il peggio, dato un autunno e inverno miti e poco piovosi. Si spera nella primavera inoltrata, nel mese di maggio, per calcolare la riserva idrica.