Ma come facciamo a ricordare ogni cosa che ci accade? Scopriamo come funziona il nostro cervello.
La memoria è una funzione essenziale del cervello poiché consente di imparare, ricordare e ricreare delle esperienze precedentemente vissute.
Sicuramente l’azione per cui è meglio nota la nostra memoria è senza dubbio la generazione di ricordi. Pensando ai ricordi possiamo immaginare come i pezzi di un puzzle archiviati in un gigantesco classificatore, dove sono appunto archiviati i nostri ricordi con un metodo estremamente selettivo.
Tuttavia, capita spesso di avere dei dejavù, di non ricordare qualcosa o di avere un ricordo molto vago di un’esperienza passata, come un vecchio viaggio. Ma come facciamo a ricordare queste esperienze?
Un recente studio, pubblicato questo Marzo sulla rivista di spicco Cell, ci mostra come facciamo a ricordare ma soprattutto quali siano le aree del nostro cervello coinvolte in questo processo.
A marzo 2023 è stato pubblicato sulla rivista Cell uno studio condotto dalla neuroscienziata della Rockfeller University of New York, Priya Rajasethupathy.
Questo studio ha identificato il talamo anteriore come una regione del cervello che sembra essere la zona cardine del processo di consolidamento della memoria.
Il modello standard conosciuto fino ad oggi prevedeva, invece, che fosse l’ippocampo l’artefice della formazione di nuovi ricordi che con il tempo allenava la corteccia, immagazzinando così nuovi ricordi duraturi.
La tecnologia sviluppata dal team di ricerca della Rajasethupathy ha permesso di osservare i neuroni nelle aree tra corteccia ed ippocampo.
Per studiare i movimenti di neuroni, il team di ricerca ha studiato il consolidamento dei ricordi dei topi, facendoli correre sul posto su una palla di polistirolo che ruotava assialmente, il tutto in dei labirinti creato con la realtà virtuale.
I topi ricevevano poi delle ricompense ad ogni svolta corretta nel labirinto e le loro scelte durante il percorso producevano un feedback positivo o negativo.
Dopo circa un mese i topi giravano solo nelle direzioni che portavano loro delle ricompense, mettendo in atto delle vere e proprie decisioni dovute al fatto che ricordavano quali fossero le svolte che portavano loro un guadagno.
Prima di arrivare alla conclusione a cui sono giunti gli scienziati, è bene capire quale distinzione ci sia tra ricordi a breve termine e ricordi a lungo termine. La memoria a breve termine è un tipo di memoria temporanea che si utilizza per elaborare le informazioni appena ricevute.
Questa ha una durata di secondi o di al massimo qualche minuto e viene utilizzata ad esempio per ricordare un indirizzo che ci stanno dettando, per poi doverlo scrivere su carta.
La memoria a lungo termine, invece, permette di catturare delle informazioni e mantenerle per tempi molto lunghi che possono variare da qualche giorno a tutta la vita.
Questo tipo di memoria, però, è un po’ più complessa. Difatti, può essere suddivisa in diverse categorie, tra cui due molto importanti, la dichiarativa e la procedurale.
La memoria dichiarativa permette di ricordare specifiche informazioni, come una data, un nome o dei concetti. La memoria procedurale, invece, riguarda le attività motorie imparate con la pratica, come andare in bicicletta o guidare la macchina.
Esiste una stretta collaborazione tra memoria a breve termine e memoria a lungo termine, poiché per diventare dei ricordi duraturi, le informazioni passano dalla memoria a breve termine a quelli a lungo termine.
Al termine degli esperimenti svolti, il team è giunto alla conclusione che il talamo anteriore sembra controllare le interazioni di consolidamento della memoria tra ippocampo e corteccia.
Inibendo il talamo, i ricordi a lungo termine non si formano nei topi, mentre potenziandolo si prendono i ricordi che altrimenti non sarebbero stati immagazzinati a lungo termine e li si fa durare.
Questa scoperta è stata sorprendente poiché il talamo anteriore – come accennato in precedenza – non era considerato una parte importante dei modelli di consolidamento della memoria,
Tuttavia, questa scoperta ha anche un senso logico perché gli esseri umani con la sindrome di Korsakoff, che soffrono di grave amnesia e perdita di memoria, spesso hanno lesioni sul talamo anteriore.
Il laboratorio della Rajasethupathy cercherà di scoprire ulteriormente come il talamo contribuisca all’archiviazione della memoria a lungo termine.
La scoperta del ruolo del talamo nella formazione di ricordi a lungo termine potrebbe aprire la strada a nuove strategie educative, come ad esempio l’uso di segnali costanti per ricordare ed aumentare la durata della memoria.
Ciò potrebbe avere conseguenze per lo sviluppo di tecnologie educative basate sulla realtà virtuale. Ad esempio, potrebbe essere possibile utilizzare l’immersione in una situazione virtuale come un modo per creare dei ricordi a lungo termine.
L’aggiunta di segnali costanti dal talamo durante l’esperienza di apprendimento virtuale potrebbe migliorare la capacità di un individuo di ricordare informazioni importanti.
Ci sono anche implicazioni potenziali per il trattamento di disturbi della memoria come la sindrome di Korsakoff. Se il talamo anteriore svolge un ruolo così importante nel consolidamento della memoria, potrebbe essere possibile sviluppare nuovi trattamenti che puntino a migliorare la funzione del talamo nei pazienti con disturbi della memoria.