Le normative regionali sui terreni agricoli sono tante, ecco quali sono i lavori che si possono fare senza timore.
Il terreno agricolo, oltre essere un investimento redditizio, è una risorsa molto preziosa. Sempre più spesso si legge di incursioni di lupi o cinghiali, e per questo può essere una soluzione efficace recintare il terreno.
Tuttavia, non tutti i tipi di recinzione sono permessi dalla legge. Le normative a riguardo non sono univoche, cambiano di regione in regione, pertanto è importante capire bene che tipo di lavoro è concesso e quale no. In tal modo si eviteranno sanzioni o ordini di demolizione.
Innanzitutto, alcuni lavori edili non sono subordinati alla richiesta di un permesso. L’articolo 6 del Testo unico dell’edilizia (Dpr 380/2001) indica infatti quali lavori sono da ritenersi liberi, purché rispettino le norme antisismiche, antincendio, igienico-sanitari, di tutela del rischio idrogeologico.
Un intervento edilizio, per essere eseguito senza permesso o autorizzazione, deve avere semplicità costruttiva, essere ad impatto zero sul territorio e facilmente amovibile in caso di necessità. Staccionate, siepi perimetrali (alcune possono rivelarsi bellissime!) e reti metalliche con pali in legno sono esempi di lavori liberi. Le opere murarie, invece, non rientrano tra questi.
Recintare il proprio terreno agricolo è un diritto garantito dal Codice Civile, inattaccabile persino dai regolamenti regionali perché già di suo regolamenta le distanze di tali recinzioni. Eppure può capitare che comuni e regioni impongano divieti più restrittivi, che si rivelano però illegittimi quando li si impugna.
Un esempio lampante è una legge della regione Umbria, che vietava ogni tipo di recinzione che non fosse prevista espressamente dalla legislazione, o dovuta a motivi di sicurezza. Poiché troppo generica e senza alcun superiore interesse pubblico, la Corte Costituzionale ha sentenziato che tale norma è incostituzionale.