Il futuro dell’alimentazione sostenibile è l’acquacoltura. Ecco di cosa si tratta e le ripercussioni di questo sistema di allevamento ittico.
Pratica molto antica, l’acquacoltura negli ultimi anni è tornata alla ribalda, diffondendosi sempre più in tutto il mondo. Anzi sembra proprio rappresentare il futuro per un’alimentazione sostenibile. Si tratta di una tecnica di allevamento ittico volta a produrre organismi come pesci, molluschi e crostacei all’interno di ambienti delineati nonché tenuti sotto controllo dall’occhio umano.
Lo svolgimento di questa tecnica può avvenire sia nelle acque salate, sia in quelle dolci e si distingue in due tipologie. Da un lato c’è l’acquacoltura estensiva che prevede come l’uomo semini gli organismi per poi controllarli, dall’altro lato quella intensiva che avviene quando vengono anche somministrati specifici mangimi per far crescere i pesci a un ritmo più serrato.
Per quanto riguarda l’Italia, l’acquacoltura è molto sviluppata con più di 800 impianti che danno vita a una produzione ittica pari a 140mila tonnellate annuali. Inoltre nel settore sono coinvolte circa 7500 persone dimostrando quanto questo comparto sia florido. Principalmente a livello italiano riguarda specie come spigola, orata, vongole, mitili e veraci e si concentra in Emilia Romagna e Veneto.
La sfida più grande nel futuro per l’acquacoltura, metodo sempre più diffuso, sarà riuscire a soddisfare l’immensa domanda di prodotti ittici, cresciuta a dismisura negli ultimi anni.
Secondo alcune proiezioni il divario tra l’offerta e la domanda di questi prodotti potrebbe ulteriormente crescere nel prossimo futuro. Per risolvere questa situazione potranno essere messe in campo soluzioni come dare vita ad allevamenti di frutti di mare sulla terra ferma oppure offshore. Si parla di acquacoltura rigenerativa: questa potrebbe essere quindi la svolta per riuscire ad aumentare la produzione dei frutti di mare.
Usata in particolare per ostriche, cozze, vongole e alghe, l’acquacoltura rigenerativa non solo permetterà di aumentare la produzione, ma lo farà donando benefici agli ecosistemi: per esempio riesce a permettere il filtraggio dell’acqua. In ogni caso sarà necessario evitare qualsiasi pratica intensiva anche nell’acqua che non fa che minare i mari, mettendo in forte rischio la biodiversità oltre che portare a spostamenti in massa delle specie autoctone.