Cocomero asinino: una pianta spontanea che spara i suoi semi a cui c’è da fare molta attenzione. Sono pericolosi per la salute umana
L’estate è la stagione della frutta fresca e se c’è un vero e proprio simbolo, quello è l’anguria, chiamata anche cocomero. Succosa, fresca, con quel colorito rosso particolare ed i semini neri che spuntano. Sai però che c’è anche un’altra varietà che porta questo nome ma non è per nulla commestibile? Si tratta del cocomero asinino che a parte il nome poco ha a che vedere con l’anguria.
Si tratta, infatti, della specie appartenente all’Ecballium elaterium (L.) Richard, del tutto velenosa e che dall’aspetto fa pensare alla pianta del cetriolo. Si trova per lo più nelle zone di montagna, lungo i sentieri e cresce in modo spontaneo, forse da piccolo ci avrai giocato un sacco di volte ed i tuoi ti hanno sempre ripreso, oggi ti spieghiamo il perché.
Il cocomero asinino nel linguaggio comune viene anche chiamato elaterio e sputaveleno. Appartiene alla famiglia delle Cucurbitacee diffusa nel bacino del Mediterraneo, si trova lungo i bordi delle strade e dei coltivi. Il suo nome deriva dal greco e significa “lancio fuori”. Il riferimento è alla particolarità della pianta, e nello specifico dei frutti che son in grado di sparare letteralmente all’aria i semi.
È così che avviene la propagazione della specie. Quando il frutto è maturo, basta toccarlo leggermente per far uscire fuori a velocità supersonica i semi ed un liquido. L’hai mai fatto da piccolo per gioco insieme ai tuoi amici? Di solito i genitori intimano di non farlo ed il motivo risiede nella tossicità del liquido emanato. Si tratta di una sostanza amara, l’elaterina unita agli acidi grassi.
C’è da fare attenzione, infatti, a non farlo finire negli occhi in quanto è velenoso ma anche a maneggiarlo in quanto può provocare infiammazioni non solo agli occhi ma anche alle mucose fino a creare gravi irritazioni dell’intestino crasso e importanti problemi gastrointestinali. È proprio per via di queste caratteristiche decisamente particolari che nel gergo comune si parla di “sputaveleno”.