Come sappiamo, gli allevamenti intensivi rappresentano la seconda fonte di inquinamento: i dati dell’inquinamento zootecnico.
Dataroom, rubrica di Milena Gabanelli, ideatrice della trasmissione Report, riprende i dati forniti da Ispra (Istituto Superiore Protezione Ricerca Ambientale), e mettono i brividi. In Italia (e non solo), gli allevamenti intesivi rappresentano la seconda fonte di inquinamento, subito dopo le fonti utilizzate per il riscaldamento invernale. Questi rappresentano il 38% dell’inquinamento italiano.
In sintesi, l’inquinamento zootecnico comporta un inquinamento superiore a quello generato dalle automobili (9%) e dal settore industriale (11,1%). Il 15,1% dell’inquinamento che coinvolge il settore zootecnico è legato al particolato PM 2,5. Si tratta del Particulate Matter (PM, appunto), che tiene conto sia del PM primario, direttamente emesso dalle fonti inquinanti, che del PM secondario, prodotto in atmosfera dalle reazioni chimiche.
Gli allevamenti intensivi comportano un inquinamento catastrofico: il settore zootecnico sotto accusa
Se il PM primario diffuso dagli allevamenti intensivi rappresenta una percentuale molto bassa (1,5%), a preoccupare è il PM secondario, a causa della diffusione dell’ammoniaca nell’atmosfera. L’ammoniaca, combinata con altri agenti, aggrava la situazione delle polveri sottili. Come afferma Ispra, occorrerebbe ridurre i capi allevati e sfruttare maggiormente le tecnologie Green.
A differenza dei settori industriali, agricoli, quello dei trasporti e le nuove tecnologie di casa, che hanno visto dei miglioramenti nella produzione di energia pulita, il settore allevamenti peggiora di anno in anno. L’inquinamento da allevamenti intensivi, infatti, dai primi anni 2000 ad oggi è peggiorato, e se 20 anni fa era responsabile del 10,2% oggi ha superato il 15,1%. Ma come mai?
È la richiesta continua di carne, legata anche al problema della sovrappopolazione mondiale. Si mangia troppa carne e siamo troppi sul pianeta, e ciò non è sostenibile. Un grosso problema, inoltre, è rappresentato dai fondi pubblici, che spesso foraggiano il sistema degli allevamenti intensivi. I finanziamenti stanziati dalla PAC, la Politica Agricola Comune, impegnano il 39% del bilancio UE.
Questi fondi, spesso, finanziano gli allevamenti più grandi e inquinanti d’Europa, e ciò ovviamente non va bene. Greenpeace, in un suo report, denuncia questo fatto, ritenendolo inammissibile, soprattuto alla luce della tanto sbandierata transizione ecologica. È un controsenso, visto che gli allevamenti intensivi andrebbero chiusi, perché hanno un impatto devastante sull’ambiente, sulla nostra salute e sulla salute degli animali.
L’allarme riguarda anche le aree localizzate nelle vicinanze degli allevamenti intensivi, che sono a rischio salute. Secondo i dati, infatti, in queste zone c’è un aumento netto di problemi ai polmoni, malattie infettive, infiammazioni croniche, problemi respiratori, e di cancro. L’esposizione al PM 2,5 è molto pericolosa, perciò occorre modificare il sistema degli allevamenti.
Bisogna eliminare il sostegno pubblico a questo tipo di allevamento, e ovviamente bisogna limitare drasticamente il consumo di carne. Si tratta di salute del pianeta, si tratta della nostra salute, e naturalmente si tratta di rispetto per gli animali e per il loro benessere, che non deve mai passare in secondo piano.