Un rapporto controverso tra regione e allevamento intensivo, Legambiente ci va giù pesante, accuse pesantissime
Che il rapporto tra la regione Lombardia e l’allevamento intensivo sia stato sempre controverso è ormai risaputo, ma a mettere il dito nella piaga ci ha pensato l’associazione ambientalista Legambiente, che ha recentemente accusato la regione di nascondere, dietro una superficiale difesa delle abitudini culinarie italiane, una realtà ben più problematica. Tale accusa arriva in seguito alla risoluzione contro la procedura di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici approvati dalla Regione Lombardia, un argomento che, a detta di molti, si staglia come un modo per sottrarsi a responsabilità più serie riguardanti l’allevamento intensivo.
Per comprendere pienamente la questione è prima di tutto necessario fare una distinzione tra quella che viene definita “carne sintetica” e la “carne coltivata”. Come sottolinea Legambiente, il termine carne sintetica è effettivamente sbagliato, visto che nessun tipo di carne può essere prodotta per sintesi chimica. Quella che viene comunemente chiamata carne sintetica, in realtà, non è altro che carne coltivata, ovvero derivata dalla riproduzione in un terreno nutritivo di cellule prelevate da un animale vivo.
Fatta questa distinzione emerge la vera questione che ha scaturito l’attacco di Legambiente alla regione Lombardia, un attacco che non riguarda tanto la produzione di carne coltivata quanto la gestione degli allevamenti intensivi della regione. L’associazione sostiene, infatti, che queste attività generino una serie di problemi ambientali, per lo più dovuti all’uso di mangimi come la soia, derivata da coltivazioni OGM ed importata da Paesi in cui l’uso di pesticidi supera di molto i limiti consentiti in Europa.
Questo sarebbe solo uno dei problemi derivati dall’allevamento intensivo della regione, visto che, sempre secondo Legambiente, in Lombardia l’agro zootecnia contribuirebbe per l’11% alle missioni climalteranti a livello regionale, superando addirittura quelle prodotte dal traffico stradale. Ma non solo, il vero problema sarebbe che le deiezioni degli animali nutriti con questo tipo di cereale importato, andrebbero a contaminare addirittura le falde acquifere di tutta la regione.
In un contesto così drastico, il discorso della carne coltivata sembra essere più un capro espiatorio piuttosto che la causa del problema. La denuncia di Legambiente è atta a sollevare dubbi su una questione di vitale importanza come quella su come affrontare l’impatto ambientale degli allevamenti intensivi. La risposta a questo quesito non può essere scissa da un’attenta riflessione sulle politiche regionali in materia di agricoltura, e sull’impiego concreto a favore di pratiche più sostenibili.
Questa sfida è aperta in tutta Italia, ma in particolar modo in Lombardia sembra essere al centro del dibattito. Ad essere coinvolto è l’intero settore agroalimentare italiano, un patrimonio da tutelare ma senza mettere in pericolo l’altro patrimonio, quello ambientale, di uguale o addirittura maggiore importanza.