Soprattutto in estate dare fuoco ai residui di potature è pratica comune, attenzione però ai rischi!
La pratica di bruciare residui vegetali, spesso derivati dalle potature, è un’attività più comune di quel che possa sembrare, anche in Italia. Questa pratica è, infatti, radicata tra gli agricoltori, benché al giorno d’oggi non sia sempre del tutto necessaria o lecita. Esistono diversi altri metodi di smaltimento dei rifiuti di questo genere, ed in linea di massima basterebbe portarli nel centro di raccolta a voi più vicino, presente in ogni comune. Nonostante esistano però alcuni provvedimenti locali specifici che regolamentino la pratica di abbruciamento, è sempre necessario avere presente un quadro normativo più ampio, che indica i potenziali rischi di sanzioni civili e penali.
La pratica antica del dar fuoco ai residui di potatura o alle sterpaglie del giardino ha radici lontane, questa questione viene comunque regolata da varie normative, tra cui alcune presenti nel codice ambientale, normative che ne disciplinano condizioni particolari sotto le quali bruciare questi residui è permesso. L’articolo 844 del codice civile, per esempio, punisce il proprietario di qualsiasi fondo se il fumo emesso durante questa pratica superi la normale tollerabilità, rendendo addirittura possibile una causa civile per risarcimento dei danni.
Le implicazioni legali riguardo questa pratica si sono fatte sempre più severe nel corso del tempo, con la giurisprudenza che ha progressivamente riconosciuto i pericoli che derivano dalla bruciatura dei residui vegetali. Soprattutto in estate, infatti, non è cosa rara che questi incendi degenerino colpendo porzioni ben più ampie e rappresentando un rischio per l’incolumità di animali e persone.
Non è comunque facile incappare in una condanna per reati di incendio, ed in questo senso è emblematico un caso in cui la corte di cassazione ha annullato la condanna per un individuo che aveva dato fuoco ad un cumulo di sfalci e residui di potatura. In questo caso specifico, nonostante il responsabile avesse ignorato la possibilità di propagazione delle fiamme a causa del forte vento, la corte ha ritenuto che l’azione non fosse guidata dalla volontà ma semplicemente da una condotta negligente, condotta per la quale non è stato imputabile il reato di incendio doloso.
La questione è ben diversa però quando si tratta di combustione illecita dei rifiuti, questa nuova normativa, infatti, pulisce con la reclusione da due a cinque anni chiunque appicchi fuoco a rifiuti abbandonati o depositati in maniera incontrollata in aree non adatte. Questa questione diventa molto meno gravosa qualora si tratti di residui vegetali, in questo caso la punizione applicata si limiterebbe, infatti, a sanzioni amministrative e nulla più.
Tenendo presente questi diversi fattori, quindi, appare fondamentale come la questione sul tipo di rifiuto bruciato sia di estrema rilevanza. In linea di massima, quindi, la combustione dei residui vegetali è ancora considerata una normale pratica agricola, affinché questa non causi danni all’ambiente o metta in pericolo la salute umana.
È comunque da tenere a mente che è sempre necessario verificare le disposizioni locali e regionali per non incorrere in violazione legate alla gestione dei residui vegetali. La questione non è comunque solo legale, ma anche etica ed ambientale, è infatti fondamentale preservare quando possibile il nostro ambiente dall’inquinamento e la pratica di bruciare e residui, seppur organici, contribuisce a tale inquinamento.
Il miglior metodo per liberarsi dei propri rifiuti di potature resta quello di affidarsi ai centri specializzati presenti nel proprio comune. In questo modo si eviterà di incorrere in qualsiasi sanzione, garantendo al tempo stesso la pulizia delle proprie aree verdi senza necessariamente minare la sostenibilità ambientale.