Un settore in cui si può fare ancora molto, rendere l’industria tessile sostenibile è davvero possibile
Tra i vari settori che preoccupano per inquinamento derivato dai loro processi, quello del tessile risulta come uno dei maggiori ambiti a tenere in allarme gli ambientalisti. Senza ombra di dubbio l‘industria tessile è ancora molto indietro nello sposare i criteri di sostenibilità ambientale che stanno muovendo gli altri settori, ma per il futuro è inevitabile che qualcosa dovrà cambiare.
La velocità di produzione e l’alta richiesta costante di prodotti rende questo settore tra i più importanti, ma a rendere davvero insostenibile il mercato del tessile è la cultura dell’usa e getta che ha trovato diffusione ormai in tutto il mondo, e sta mettendo a dura prova l’ambiente. Ma esistono davvero soluzioni per trasformare questo settore?
Il giro d’affari che ruota intorno al mercato del vestiario è nell’ordine dei miliardi di euro, in tutto il mondo, infatti, questo settore risulta tra i più prolifici, ma allo stesso tempo, incredibilmente, è anche quello in cui il riciclo è la soluzione meno scelta.
Comistra, azienda leader nel settore del riciclaggio della lana, si sta tuttavia distinguendo nello svolgere questo ruolo cruciale. Alice Tesi, responsabile della comunicazione dell’azienda, ha descritto come il 60% delle materie prime venga riutilizzato nella sua società, con un ulteriore 35% destinato al riciclaggio. Solo una piccola percentuale, circa il 5%, finisce scartata o in impianti di termovalorizzazione.
Il procedimento di riciclaggio della lana è tanto affascinante quanto efficace, dopo un’accurata selezione manuale per colore la lana viene ridotta a fibra e rigenerata da speciali macchinari. L’acqua utilizzata nel processo è poi riciclata, minimizzando ulteriormente l’impatto ambientale.
Ma la trasformazione sostenibile dell’industria tessile non si ferma qui, l’economia circolare è al centro della strategia tessile sostenibile dell’Unione europea, che mira a promuovere l’uso di fibre riciclate e l’eco-design. Questo significa pensare a un indumento dal momento della sua progettazione fino alla fine del suo ciclo di vita, affinché possa essere facilmente riparato, riciclato e riutilizzato.
Cambiare il concetto che è alla base dell’industria tessile resta comunque un impresa ardua, per il quale ci vorrà ancora del tempo. La sostenibilità in questo settore, tuttavia, è possibile fin da subito e passa per lo più dalle scelte fatte dai singoli cittadini.
I consumatori possono, infatti, svolgere un ruolo cruciale in questo processo di transizione verso un futuro sostenibile. In questo senso anche l’UE sta pensando ad alcune misure, come il passaporto dei vestiti, in grado di fornire informazioni chiare sulla riciclabilità e sull’impatto ambientale del tessuto specifico attraverso l’utilizzo di un QR Code.
In Europa è la Lituania ad offrire un esempio di come il cambiamento del mercato del tessile possa essere realizzato, Vilnius, la sua capitale, è diventata negli ultimi anni un centro della moda sostenibile, con l’ascesa di piattaforme come vinted, in grado di promuovere l’acquisto di abiti di seconda mano e di generare un flusso di riciclo sposato da oltre 50 milioni di utenti.
Per rispondere alla domanda iniziale riguardo la possibilità di far diventare l’industria del tessile davvero sostenibile, quindi, la risposta è solo una. Questa transizione è in effetti davvero possibile ma deve passare non solo dal trasformare il modo in cui produciamo i vestiti, ma anche dal cambiare il nostro atteggiamento nei loro confronti, sposando con più assiduità la pratica del riciclo e del riutilizzo.