Mossa esplicita del parlamento, l’Italia si schiera definitivamente, sta succedendo proprio adesso
In questo momento il tema della sostenibilità è sempre più attuale e, in questo ambito, quello dello sviluppo di carne “coltivata” sembrava essere la strada giusta verso la riduzione degli allevamenti intensivi. La pratica dell’allevamento, per chi non lo sapesse, è una delle cause maggiori di emissione di Co2, ma anche di spreco di risorse idriche, vista l’ingente quantità d’acqua necessaria per tirare su ogni singolo capo di bestiame. l‘Italia, tuttavia, pare aver fatto la sua mossa preventiva nel fermare l’avanzata di un nemico giudicato pericoloso, un nemico chiamato carne sintetica che nel bel paese sembra destinato a fare dietrofront.
In Italia, probabilmente, la coltivazione della carne non troverà terreno fertile, ormai sembra chiaro viste le mosse attuate già dal nostro governo. Il senato italiano ha preso una decisione senza precedenti, approvando una legge che vieta a 360 gradi la commercializzazione e la produzione di alimenti derivati da tecniche di laboratorio.
Il provvedimento è stato approvato definitivamente dal Senato ed è attualmente in discussione alla Camera, un provvedimento che prende una posizione ferma nei confronti della carne coltivata in laboratorio. Non solo vieta la produzione di alimenti a partire da colture cellulari o tessuti di animali vertebrati, ma va anche oltre, eliminando l’uso del termine “carne” per descrivere i prodotti di origine vegetale che hanno una somiglianza estetica con la carne vera.
Per quanto riguarda la carne coltivata in laboratorio, non si tratta solo di un divieto di produzione. La legge impedisce anche l’avvio di qualsiasi sperimentazione in laboratorio e le conseguenze per chi trasgredisse sono severe, con sanzioni che vanno da una multa amministrativa pecuniaria minima di 10mila euro a un massimo di 60mila euro, o il 10% del fatturato totale annuo dell’ultimo esercizio quando tale importo supera i 60mila euro.
Oltre alle sanzioni si rischia anche la confisca e la chiusura dell’attività, a testimonianza di come lo stato italiano stia prendendo sul serio la lotta a queste innovative pratiche di produzione alimentare. Mentre gli altri stati sono ancora incerti sul da farsi, l’Italia ha aperto la strada scegliendo una posizione chiara, del resto la cucina italiana è uno dei baluardi della nostra nazione, conosciuta in tutto il mondo e non sembrava pensabile correre anche solo il rischio di contaminare secoli di tradizione così importanti.
Resta comunque delicato il tema della sostenibilità ambientale, visto che questo “cibo del futuro” pare garantire sprechi di acqua e produzione di gas inquinanti ben minori rispetto all’allevamento tradizionale. In un periodo in cui il cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti, quindi, anche una regolamentazione in tal senso sembra destinata a dover arrivare.
La scelta dell’Italia mette in luce le difficoltà che questa nuovo filone di produzione alimentare dovrà affrontare, il percorso verso l’accettazione dei prodotti coltivati in laboratorio è ancora lungo, e potrebbe scontrarsi con ostacolo forse addirittura insormontabili, in grado di fermare sul nascere questa tecnologia.
Adesso non resta che vedere come risponderà l’Europa alla decisione dell’Italia, visto che il nostro paese ha appena tracciato una linea di demarcazione significativa, che potrebbe essere l’incentivo anche per altre nazioni europee. A fare lo stesso in un mondo che brama una maggiore sostenibilità, accettare il progresso, con le conseguenze economiche che possono essere generare, non è certamente facile, e per ora anche l’opinione pubblica non ha chiara quale sia la strada giusta per unire sostenibilità e qualità, nell’aiutare un pianeta che ha bisogno di noi.