La certificazione di “biologico” ha sempre più valore, ma per garantire trasparenza e sicurezza esistono alcuni nodi da sciogliere
La politica del bio si sta affacciando con sempre maggiore prepotenza nelle case degli italiani che sono ogni anno più propensi nello scegliere questo tipo di prodotti, sebbene il loro costo possa essere maggiore rispetto alla media di altre tipologie di prodotti classici.
In questo mondo risulta cruciale la certificazione biologica, una realtà centrale nella politica agricola nazionale in cui si punta a raggiungere quanto prima l’obiettivo di arrivare al 25% di superficie agricola sviluppata secondo questo tipo di criteri. Il nostro bel paese è già avanti rispetto al resto d’Europa, con un tasso di superfici agricole che sponsorizzano il biologico di circa il 19% rispetto alla media europea che si ferma a meno della metà, con solo l’8% di superficie adibita al biologico. Per favorire ancora di più questo sviluppo vi è tuttavia bisogno di interventi ulteriori, ecco cosa serve per il futuro.
Certificazione Biologica in Italia, attualmente il sistema è efficace, ma ancora troppo complesso!
Per favorire lo sviluppo del biologico la chiave sembra essere la semplificazione ma, come tutti noi sappiamo, in Italia questo tema non è sempre così adoperato. La certificazione biologica avrebbe dovuto coniugare efficacia e snellezza burocratica ma ad oggi la realtà non è ancora questa.
Con il passare degli anni la normativa si è fatta sempre più complessa, passando da 70 pagine iniziali alle circa 300 attuali, un dato che rende lampante il bisogno di semplificare per non perdere competitività in un ambito in cui la nostra nazione è leader.
Un’analisi dei dati ICQRF degli ultimi 15 anni ha svelato che il biologico registra solo il 6,6% di irregolarità, contro il 14,01% del food e il 14,9% registrato nell’ambito vinicolo, ma i progetti di riforma della certificazione del bio sembrano invece volerla avvicinare agli altri sistemi di controllo, una trasformazione che potrebbe portare alla distruzione di un sistema che fino ad oggi ha funzionato piuttosto bene.
Il rapporto tra gli Organismi di Certificazione e la funzione pubblica della vigilanza è sempre stato complicato, privo di integrazione e di visione cooperativa, una collaborazione che risulta invece più che mai necessaria un approccio per costruire un rapporto più sereno ed ottenere i risultati migliori.
Sul fronte della sostenibilità ambientale il cambiamento delle regolamentazioni rischiano di penalizzare la competitività del bio, una competitività che andrebbe favorita snellendo le procedure e facendo così abbassare i costi, rendendo questo prodotti Ancor più competitivi rispetto ad altri.
Senza dubbio arrivare a tali conclusioni è un processo lungo e complesso ma cambiare drasticamente ciò che funziona, avvicinandolo a ciò che invece funziona meno, non sembra essere di certo la via giusta da seguire. Quel che emerge è come sia fondamentale mantenere l’indipendenza e la specificità della certificazione biologica, che andrebbe considerata un valore aggiunto e non un costo in più da abbattere.
Il biologico deve rimanere un modello unico a garanzia dei consumatori, il dibattito tuttavia resta ancora aperto e le decisioni future potrebbero minare questo settore anziché spingerlo al progresso, proprio per questo ci sarà bisogno di riflessioni particolarmente profonde prima di spingere verso un cambiamento che potrebbe azzoppare una realtà che fin ora ha progredito in maniera florida in Italia.