Stop alle trivelle in Ecuador: la popolazione al primo referendum della storia decide di fermare l’estrazione del petrolio nel cuore dell’Amazzonia
Il petrolio ad oggi resta una fonte energetica alla quale il mondo non riesce a rinunciare ma piena di contraddizioni ed aspetti negativi, soprattutto per la salvaguardia dell’ambiente. In Amazzonia e precisamente in Ecuador qualche giorno fa si è scritta una pagina di storia memorabile. Il popolo ha detto no al lavoro delle trivelle che operano nel cuore del polmone verde mondiale decidendo di bloccare lo sfruttamento del petrolio.
Proprio nell’Amazzonia ecuadoriana si trova uno dei più grandi giacimenti di petrolio al mondo, nel Parco Nazionale Yasuní, scrigno di biodiversità e territorio di tante popolazioni indigene. A vincere, questa volta, è stato YASunidos, il gruppo ambientalista che tanto si è battuto per proteggere la zona e dire stop alle estrazioni.
Stop alle trivelle in Ecuador: i numeri
Più della metà degli ecuadoriani ha espresso il suo voto favorevole per cessare le operazioni di estrazione di petrolio nel cuore della foresta amazzonica. Il 59,14% ha votato “Sì” al referendum sullo stop alle operazioni del Blocco 43-ITT, il fronte del “No”, invece, si è fermato al 40,86%. Un vero primato, non solo per il risultato ma anche perché per il popolo ecuadoregno è stata la prima volta in assoluto in cui ha potuto esprimere il proprio pensiero su un tema così importante per il Paese ed il mondo intero.
Le trivellazioni così dovranno cessare in un’area, come detto, ad alta quota di biodiversità. Nel parco, infatti, si trovano oltre 2mila specie di alberi e arbusti e tantissime varietà di animali: oltre 250 pesci, più di 200 mammiferi, 600 uccelli, 150 anfibi e circa 120 rettili. Una vittoria anche per i popoli indigeni che vivono nell’area, in particolare, i Waorani, il gruppo più numeroso, che potranno riprendere il totale “possesso” dell’aria senza intromissioni.
L’estrazione del petrolio nel cuore dell’Amazzonia permetteva di produrre 55mila barili di petrolio al giorno, un numero immane che da qui ad un anno dovrà essere solo un lontano ricordo. La Corte Costituzionale, infatti, ha concesso un anno di tempo alla società operante per smantellare tutto, le strutture ed i pozzi.
Si parla ovviamente di grande danno economico. Secondo il governo di 1.200 milioni di dollari all’anno con costi esorbitanti per lo smantellamento degli impianti. Gli ambientalisti non sono affatto d’accordo in quanto precisano che nei prossimi anni l’utilizzo del petrolio si ridurrà decisamente e quindi l’attività di estrazione non sarà più redditizia.